Fatture false e autoriciclaggio, due imprenditori ai domiciliari. Sequestrati beni per 2,5 milioni

L’indagine, partita da un controllo amministrativo, avrebbe svelato un sistema di crediti d’imposta inesistenti, beni strumentali mai acquistati, una società “cartiera” romana usata per emettere fatture false e un meccanismo di autoriciclaggio dei proventi illeciti

I finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza di Cosenza, su disposizione del gip del Tribunale di Castrovillari, hanno eseguito la misura degli arresti domiciliari nei confronti di due imprenditori ed il correlato sequestro di denaro e altre utilità, anche quale provento delle attività illecite, per oltre due milioni e mezzo di euro; tale provvedimento cautelare è stato disposto anche nei confronti delle società coinvolte, ex D. Lgs 231/2001.

I finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza di Cosenza, su disposizione del gip del Tribunale di Castrovillari, hanno eseguito la misura degli arresti domiciliari nei confronti di due imprenditori ed il correlato sequestro di denaro e altre utilità, anche quale provento delle attività illecite, per oltre due milioni e mezzo di euro; tale provvedimento cautelare è stato disposto anche nei confronti delle società coinvolte, ex D. Lgs 231/2001.

L’indagine dei militari

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, è stata condotta dai militari della Compagnia di Castrovillari, ed è nata a seguito di un controllo d’iniziativa di carattere amministrativo svolto dai militari, nei confronti della società di uno degli imprenditori indagati, dal quale sarebbero emerse numerose anomalie di carattere fiscale.

In particolare, la società avrebbe usufruito di un credito di imposta e, quindi, di uno “sconto” sulle imposte da versare all’erario, correlato all’acquisto/investimento in beni strumentali all’esercizio dell’impresa, non rinvenuti all’atto dell’accesso e dei quali, alcuni giorni dopo il rilievo, il rappresentante legale ne formalizzava una denuncia di furto, simulando la commissione di un reato.

Società romana

Nel prosieguo delle indagini sarebbe poi emerso che tali beni erano stati acquistati presso una società di Roma, evasore totale da numerosi anni, riconducibile allo stesso rappresentante legale, che non avrebbe potuto effettuare la cessione/fornitura in argomento in quanto a sua volta non avrebbe mai fatto registrare alcun acquisto, non avendo una sede operativa né lavoratori alle dipendenze, trattandosi sostanzialmente di “cartiera” strumentalmente utilizzata per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, dallo stesso imprenditore calabrese non solo per l’operazione in contestazione ma anche nei confronti di altri soggetti tra cui il fratello. All’esito delle successive indagini finanziarie, inoltre, sarebbe emerso l’immediato reimpiego delle somme provento delle fatture false, classico stratagemma alla base del sistema di autoriciclaggio.

Nell’ambito della medesima indagine è stata individuata una società agricola, riconducibile allo stesso imprenditore che avrebbe utilizzato false fatturazioni per ottenere un contributo stanziato dall’Unione Europea a sostegno dell’agricoltura, per oltre 55 mila euro.

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