Renzo Cresti: la musica è vita reale. Torrefranca? Un gigante troppo poco compreso

Il grande musicologo ospite al Conservatorio di Vibo Valentia per i 70 anni dalla scomparsa di Fausto Torrefranca: nell’intervista integrale racconta formazione, visione critica, valore dell’ascolto e prospettive per i giovani

In occasione del settantesimo anniversario della scomparsa di Fausto Torrefranca, il Conservatorio di Vibo Valentia che porta il suo nome ha accolto uno dei massimi studiosi della musicologia contemporanea: il prof. Renzo Cresti, già docente e direttore del Conservatorio “L. Boccherini” di Lucca. L’incontro – moderato dalla professoressa Chiara Macrì – ha rappresentato un momento di alto valore culturale, offrendo uno sguardo nuovo sulla figura e sul metodo di Torrefranca, sulla modernità del suo pensiero critico e sul contributo che ancora oggi offre alla storiografia musicale. Nell’intervista curata da Sarah Sibiriu, dottoressa in Didattica della Musica e responsabile della comunicazione del Conservatorio, Cresti dialoga a tutto campo: dalla sua formazione alla crisi dell’ascolto moderno, dal futuro dei giovani musicisti al giudizio sulla realtà vibonese.

La musicologia moderna nasce con Torrefranca

La musicologia moderna nasce con Torrefranca

Alla domanda su cosa significhi diventare musicologi e su quale sia stato il suo percorso, Cresti apre con un riconoscimento decisivo al maestro da cui tutto prende le mosse: “Tu hai citato un aspetto che riguarda molto Fausto Torrefranca quando hai parlato di una musicologia di tipo scientifico. Ebbene, Torrefranca – insieme ad altri colleghi della generazione di fine Ottocento – è stato il primo a creare una musicologia di tipo moderno. La musicologia ottocentesca era una musicologia più fantasiosa, molto legata alla biografia degli artisti, mentre proprio con la generazione di Torrefranca, nato nel 1883, comincia quella che possiamo chiamare musicologia moderna”.

Percorso segnato da incontri decisivi

“Ho avuto la grande fortuna – spiega Cresti – di incontrare figure importanti quando ero studente… Luigi Rognoni, Mario Bortolotto, il grande Franco Donatoni”. Da loro ha imparato che lo studio della musica non può essere disgiunto dalla vita: “La musicologia non può essere separata dalla vita vera… Esiste una musicologia più “algida” ma è autoreferenziale… I miei maestri mi hanno insegnato che è impossibile separare la riflessione sulla musica dalla vita reale”.

Privilegiare la musica del presente

“La musica contemporanea è la musica che avviene mentre noi stiamo parlando… La musica può arrivare là dove, talvolta, la parola o lo studio fanno più fatica”. L’invito ai giovani: “Studiare con passione, senza illusioni e senza scoraggiarsi”. Sulle prospettive professionali Cresti non concede sconti: “La musicologia è un campo molto ristretto… Le possibilità di lavoro sono relative, quindi bisogna entrarvi preparatissimi”. Ma offre un consiglio netto:
“Studiare con grande passione e compiere un’autoanalisi sincera… Avere la convinzione interiore di voler seguire questa strada, e impegnarsi totalmente”.

Torrefranca? Critico lucido

Riflettendo sul celebre libello “Giacomo Puccini e l’opera internazionale”, Cresti ricorda come quel testo abbia generato reazioni anche aspre: “Il libello ha sempre creato polemica tra gli amanti, diciamo ai fanatici, di Puccini… Alcuni appassionati si sentirono offesi, questo per via di una mentalità provinciale… La critica è una ricchezza”. Eppure, osserva Cresti, l’intervento di Torrefranca ebbe una sua funzione: “Torrefranca era soddisfatto del libro giovanile perché a suo dire aveva spinto Puccini a riflettere sulla propria musica… Le opere successive risultarono più curate”. Il musicologo colloca poi Torrefranca dentro la sensibilità della sua generazione: “Guardavano con sospetto il melodramma… Puccini “piagnucolone”, Mascagni e Leoncavallo e le loro “arie gridate” irritavano questi musicologi… Tutta la generazione dell’Ottanta era più interessata al recupero della musica strumentale italiana preromantica”.

La società che non ascolta

Alla riflessione sull’ascolto passivo che caratterizza la contemporaneità, Cresti risponde con particolare intensità: “Oggi la gente è distratta e ascolta in maniera totalmente passiva anche musiche di alto valore… sia che ci sia una canzone sia che ci sia una sinfonia”. Il problema, però, non riguarda solo la musica: “Ascoltare è un termine etico… È molto importante ascoltare l’altro, ma c’è un’inflazione dell’ego spaventosa… La società non ascolta, ed è un nodo che va oltre la musica”.

La musica non è un passatempo

“Bisogna partire dai giovanissimi… La musica non è un semplice passatempo… Il nodo centrale è la scuola. A Vibo Valentia c’è una realtà seria, dinamica e stimolante”. Infine, un giudizio sul Conservatorio ospitante: “Mi sembra che la realtà che ho trovato è molto positiva… L’iniziativa per i settant’anni dalla scomparsa di Torrefranca è davvero pregevole… dà prestigio al Conservatorio e alla città”.

Parole di stima per il personale

“Ho conosciuto il direttore uscente maestro Vittorino Naso… e il futuro direttore maestro Francescantonio Pollice, che conosco da anni… La professoressa Chiara Macrì è una vera forza della natura”. E una conclusione che è anche un auspicio: “Queste persone… rappresentano un punto di forza fondamentale per i ragazzi… perché trovano un ambiente serio, preparato, dinamico e stimolante”.

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