’Ndrangheta all’ombra del tifo, Totò Bellocco ucciso a coltellate dal capo ultrà dell’Inter

La vittima è figlio di Giulio Bellocco, morto a inizio anno nel carcere di Opera. Si era stabilito nel Milanese da un anno e mezzo

Emergono altri particolari sull’omicidio avvenuto stamane intorno alle 10,45 a Cernusco sul Naviglio (Milano) dove Antonio Bellocco, 39 anni, originario di Rosarno è stato ucciso mentre un altro, Andrea Beretta, 49 anni, capo ultrà della Curva Nord dell’Inter è rimasto ferito da un colpo di pistola ad una gamba. Secondo quanto si è appreso la vittima è un pregiudicato legato al clan della ‘ndrangheta di Rosarno.

Antonio Bellocco e la Curva Nord

Antonio Bellocco e la Curva Nord

Da qualche mese Bellocco si era avvicinato alla Curva Nord. Secondo quanto emerge, Andrea Beretta avrebbe ucciso con una coltellata alla gola Bellocco, anche lui esponente della Nord. Un omicidio, quindi, maturato tutto all’interno del tifo organizzato dell’Inter. Sulla scorta di quanto ipotizzano gli investigatori i due si conoscevano da tempo, in tal senso lo dimostrerebbero le loro foto sui social. La coltellata sarebbe stata sferrata subito dopo che il Beretta sarebbe stato ferito ad una gamba da un colpo di pistola poco prima sparato dalla vittima.

Sul posto sono subito arrivate ambulanze, forze dell’ordine e molti tifosi nerazzurri appartenenti tutti alla Curva Nord dell’Inter per capire che cosa fosse accaduto. Beretta è stato immediatamente portato all’ospedale San Raffaele di Milano, in codice giallo, dove è stato ricoverato. Gli inquirenti sono a lavoro per capire il movente che abbia fatto scatenare la violenza. Un episodio che apre tanti scenari su quanto si nasconde dietro il tifo organizzato.

Dinamiche da stadio non sarebbero il motivo della lite

In ogni caso Antonio (detto Totò) era figlio di Giulio Bellocco, morto a inizio anno in carcere a Opera, e nipote del capobastone Umberto, aveva alle spalle una condanna definitiva a nove anni per legami con la criminalità organizzata. Arrivato nel Milanese circa un anno e mezzo fa, nei mesi scorsi, aveva iniziato a frequentare con assiduità il secondo anello verde del Meazza, vicino ai più noti capi ultrà della Nord, anche se pare che le dinamiche da stadio non siano il motivo della lite finita con l’accoltellamento alla gola del trentaseienne.

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