La Direzione Investigativa Antimafia, sotto la direzione della Dda di Bologna, ha eseguito un sequestro patrimoniale nei confronti di due imprenditori, padre e figlio, accusati di appartenere alla ‘ndrangheta emiliana. Il valore dei beni sequestrati ammonta a circa 2,6 milioni di euro.
Nel mirino imprenditori già coinvolti in numerose vicende giudiziarie, tra cui il noto processo “Aemilia”, ritenuto uno dei procedimenti più rilevanti in relazione alle attività illecite della ‘ndrangheta in Emilia. Secondo i giudici della Corte di Appello di Bologna, “Aemilia” ha fatto emergere le dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa, dimostrando la sua capacità di compiere operazioni criminali e ottenere profitti illeciti anche grazie al supporto di professionisti del settore finanziario.
Nel mirino imprenditori già coinvolti in numerose vicende giudiziarie, tra cui il noto processo “Aemilia”, ritenuto uno dei procedimenti più rilevanti in relazione alle attività illecite della ‘ndrangheta in Emilia. Secondo i giudici della Corte di Appello di Bologna, “Aemilia” ha fatto emergere le dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa, dimostrando la sua capacità di compiere operazioni criminali e ottenere profitti illeciti anche grazie al supporto di professionisti del settore finanziario.
Uno degli episodi chiave è emerso nell’ambito dell’operazione “Grimilde”, che ha svelato una complessa truffa ai danni del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La frode si sarebbe concretizzata tramite la creazione di una falsa sentenza della Corte di Appello di Napoli, che ha indotto il Ministero a pagare 2,25 milioni di euro a una società riconducibile agli imprenditori sequestrati. I proventi, secondo le indagini, sarebbero stati spartiti tra membri della ‘ndrangheta emiliana e della cosca Grande Aracri di Cutro.
Nel 2022, inoltre, i due imprenditori sono stati condannati dal Tribunale di Reggio Emilia nell’ambito del processo “Grimilde”. Le pene, recentemente confermate in appello, sono di 4 anni e 6 mesi e 8 anni e 3 mesi di reclusione. Le condanne includono l’aggravante di aver agito per favorire le attività dell’associazione mafiosa. Il sequestro ha coinvolto 55 immobili tra le province di Reggio Emilia e Crotone, due società edili, vari conti bancari, partecipazioni societarie e un automezzo.