Gli agenti della Polizia di Stato della Divisione Anticrimine – Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali – della Questura di Roma ha eseguito un provvedimento di confisca, divenuto definitivo all’esito della pronuncia della Corte d’Appello di Roma, di unità immobiliari, disponibilità finanziarie giacenti su un conto corrente e di due zanne di avorio elefantino.
L’odierna attività costituisce il parziale epilogo dell’operazione “Ragnatela” nel cui ambito, gli specialisti della Divisione Anticrimine – Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali, da circa tre anni, hanno avviato le indagini, ricostruendo la “carriera criminale” e analizzando la posizione economico-patrimoniale di 2 persone (unitamente a quella dei componenti i rispettivi nuclei familiari).
L’odierna attività costituisce il parziale epilogo dell’operazione “Ragnatela” nel cui ambito, gli specialisti della Divisione Anticrimine – Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali, da circa tre anni, hanno avviato le indagini, ricostruendo la “carriera criminale” e analizzando la posizione economico-patrimoniale di 2 persone (unitamente a quella dei componenti i rispettivi nuclei familiari).
Trattasi di un calabrese, insediatosi nella zona dei Castelli Romani, inserito in pericolosissimi contesti di criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista, operante nel mandamento tirrenico, facenti capo ad una famiglia di Gioia Tauro, che aveva investito i proventi dei reati di bancarotta fraudolenta e delle seriali intestazioni fittizie di beni con finalità elusive o agevolative, in complessi immobiliari, e di un romano, dedito fin dagli anni ’70 del secolo scorso a strutturate attività usurarie e di riciclaggio di capitali illeciti per conto della ‘Ndrangheta, della Camorra e di Cosa Nostra nonché nell’interesse della famigerata “Banda della Magliana”.
Il locale Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione – a seguito della proposta del Questore di Roma avanzata ai sensi della normativa antimafia, a marzo 2021 disponeva il sequestro e, successivamente, a maggio 2023, ordinava la confisca di un compendio patrimoniale del valore di oltre 3 milioni di euro, riconducibile ai predetti.
Avverso tale pronuncia i due proponevano ricorso alla Corte d’Appello – 4 Sezione Penale – la quale, con provvedimento del 09.05.2024, depositato il 07.08.2024, confermava in toto l’impugnato decreto che, pertanto, è divenuto definitivo in data 24.09.2024 per il solo soggetto calabrese, posto che l’altro ricorreva in Cassazione.
La misura ablatoria, ora definitiva, certifica la rilevante sproporzione tra fonti di reddito lecite, attività economica esercitata e disponibilità di beni posseduti direttamente o indirettamente dall’uomo calabrese, esponente di una nota cosca di Castellace di Oppido Mamertina nonché consuocero del boss Rocco Molè, assassinato l’1.02.2008, e cognato di un elemento di spicco della cosca calabrese, quest’ultima direttamente collegata alla famiglia di Gioia Tauro, come giudiziariamente confermato anche dagli ultimi procedimenti penali, convenzionalmente denominati “Provvidenza” e “Provvidenza Bis”. Inoltre, nel corso della più recente operazione “PROPAGGINE”, è emersa l’esistenza di consolidati rapporti fiduciari d’affari tra l’appartenente alla famiglia calabrese ed un altro nucleo familiare di Sinopoli.
I beni irrevocabilmente confiscati che entreranno a far parte del patrimonio dello Stato sono tre unità immobiliari site nel Comune di Gioia Tauro, disponibilità finanziarie giacenti su un rapporto creditizio e due zanne di avorio elefantino, per un valore complessivo di oltre 160.000 euro.