Il 4 gennaio 1992, a Lamezia Terme, la Calabria fu teatro di uno degli episodi che segneranno per sempre la storia della guerra tra Stato e criminalità organizzata. Il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e sua moglie Lucia Precenzano furono assassinati, in un agguato mafioso, in una zona adiacente il centro cittadino, scuotendo profondamente l’opinione pubblica e mettendo in luce le dinamiche della ‘ndrangheta nel territorio lametino.
Un investigatore eroe
Un investigatore eroe
Salvatore Aversa era un uomo dello Stato, conosciuto per la sua integrità e il suo impegno incrollabile contro le infiltrazioni mafiose, faceva parte della “vecchia guardia” degli investigatori incarnando i valori della giustizia in un contesto difficile e pericoloso come quello della città di Lamezia Terme nei primi anni ‘90. Aversa conduceva indagini delicate sulle attività della criminalità organizzata e sulle sue ramificazioni all’interno delle istituzioni locali. Il suo lavoro lo aveva reso un bersaglio pericoloso per i clan della zona.
L’agguato del 4 gennaio
Era il tardo pomeriggio del 4 gennaio, i coniugi Aversa stavano salendo in auto quando furono brutalmente assassinati da uomini della ‘ndrangheta. L’attacco non lasciò loro scampo. L’obiettivo non era solo quello di eliminare Aversa, ma di inviare un messaggio chiaro: la ‘ndrangheta non avrebbe tollerato ingerenze e non si faceva più scrupoli colpendo anche i familiari.
Le indagini successive all’omicidio furono caratterizzate da gravi errori giudiziari e depistaggi. Alcuni indagati furono condannati sulla base di testimonianze false, come quella della supertestimone Rosetta Cerminara, che successivamente si rivelarono infondate. Solo dopo anni, con la revisione del processo avvennero le scarcerazioni di persone ingiustamente condannate, portando all’attenzione la fragilità del sistema investigativo e giudiziario dell’epoca.
L’eredità di Salvatore Aversa
Oggi, a distanza di oltre trent’anni, la memoria di Salvatore Aversa e di Lucia Precenzano continua a essere onorata attraverso cerimonie e commemorazioni pubbliche. Stamani, in cattedrale si è tenuta la messa in ricordo dei coniugi con la successiva deposizione dei fiori. I figli, Walter, Giulia e Paolo, testimoni di questa tragedia, si sono fatti viva voce di memoria e giustizia ricordando il sacrificio dei genitori.
L’omicidio Aversa rappresenta ancora oggi un monito per le istituzioni e per la società civile: la lotta alla mafia non può conoscere tregua, e il sacrificio di uomini e donne come Salvatore e Lucia non deve mai essere dimenticato. In un territorio dove la ‘ndrangheta continua a insozzare con la la sua influenza svariati settori, l’eredità morale di chi ha sacrificato la propria vita in nome della giustizia e della verità deve sempre essere il faro che illumina il cammino verso un futuro libero dall’omertà, dalle infiltrazioni e dalla violenza ‘ndranghetista.