Rinascita dai beni confiscati, la forza della società civile contro la mafia

A 29 anni dalla legge 109/96, Libera presenta un report che celebra il riutilizzo sociale dei beni confiscati, trasformando simboli di potere mafioso in risorse per la comunità

Un paese con 1132 soggetti della società civile organizzata che gestiscono beni confiscati, più di 600 associazioni di diversa tipologia, oltre 30 scuole di ogni ordine e grado che usano gli spazi confiscati come strumento didattico e che incidono nel tessuto territoriale e costruiscono economia positiva. Un Paese che ha reagito alla presenza mafiosa e che con orgoglio si è riappropriato dei suoi spazi. In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati.

Realtà calabresi

Realtà calabresi

In Calabria sono 147 le diverse realtà impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata in 44 comuni. Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Dal report di Libera emerge che il 65% delle  realtà sociali è costituita da associazioni di diversa tipologia (96), mentre sono 20  le Coop sociali. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 13 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 6 Enti Pubblici, 5 fondazioni e 2 consorzi cooperative. Nel censimento non sono compresi i beni immobili riutilizzati direttamente per finalità istituzionali dalle amministrazioni statali e locali. Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Emerge così che i soggetti gestori censiti gestiscono 71 beni tra appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; 41 tra ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale o singole palazzine; 38 terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); 17 complessi immobiliari; 12 locali commerciali o industriali. Sono 91 i soggetti gestori le cui attività sono direttamente legate a servizi di welfare e politiche sociali per la comunità; 59 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile;  13 in attività legate all’ agricoltura e ambiente, 7 si occupano di sport e 6 produzione e lavoro.

Numeri, esperienze e proposte

Libera presenta la nuova edizione del report “Raccontiamo il bene” – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. I numeri, le esperienze e le proposte” che racconta, dopo ventinove anni, il Belpaese, dove in silenzio opera una comunità alternativa a quelle mafiosa, che lavora e si impegna a realizzare un nuovo modello di sviluppo territoriale.

In occasione dell’anniversario Libera ha elaborato i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (al 24 febbraio 2025) dove in  Calabria sono 2.920 i beni immobili (particelle catastali) confiscati e destinati mentre 1.693 gli immobili ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sul lato delle aziende,  sono 190 le aziende confiscate e destinate mentre sono 295 quelle ancora in gestione.

“Sono 1132 le realtà sociali che in tutta Italia, ogni giorno, con coraggio e generosità, trasformano luoghi che erano il simbolo del dominio criminale e mafioso sul territorio in luoghi in grado di raccontare una storia altra, un modello diverso di società, di comunità, di economia e di sviluppo. Un numero così alto, nel 1995, non si poteva immaginare. Dietro questo numero – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – ci sono volti e storie di associazioni, di cooperative che hanno trasformato quei luoghi di malaffare in luoghi parlanti, dall’inestimabile valore educativo e pedagogico. Un grande impegno plurale che ha rafforzato il tessuto sociale e che tiene unite le relazioni di una comunità, facendo da modello anche sul piano europeo e internazionale. Negli ultimi anni sono stati fatti tanti passi in avanti nella cornice normativa e in quella amministrativa; l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, fulcro del processo di destinazione di un bene, ha assunto un ruolo cruciale di raccordo tra gli enti nazionali e le amministrazioni locali. Ma la strada è ancora lunga. La nuova modalità di destinazione dei beni confiscati, attraverso la Piattaforma Unica delle Destinazioni, rende l’intera procedura più agevole, ma ci pone davanti a nuove responsabilità: i Comuni prima, e gli Enti del Terzo Settore poi, hanno ora il compito di inserire la gestione di beni confiscati nei loro piani di azione, progettando e chiedendo quanti più spazi possibile. Il riuso sociale è una prassi consolidata, è un’opportunità per i nostri territori e questo nuovo strumento deve poterla rafforzare. Sentiamo forte la necessità di imparare a progettare insieme, pubblico e mondo del sociale, di scambiarci le visioni e di affrontare i desideri dei cittadini come priorità dell’agenda politica; questo era il sogno di Pio La Torre, questo è il sogno che Libera ha trasformato in legge. Per tutti questi motivi, per questa strada che insieme abbiamo costruito ora non possiamo tornare indietro: la privatizzazione, sotto ogni forma, dei beni confiscati alle mafie sarebbe un tradimento alla nostra storia e all’impegno di tutto il movimento antimafia”.

Risultati raggiunti

“Gli importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e dei corrotti e le sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale – affermano i rappresentanti di Libera – richiamano sempre più l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Per queste ragioni, con urgenza: chiediamo che si possa garantire trasparenza nell’intera filiera di confisca e riuso dei beni confiscati, non come pratica dei singoli enti pubblici impegnati nel percorso del bene. La partecipazione democratica dei cittadini e la possibilità di incidere sulle politiche pubbliche del territorio è un diritto e un dovere per chi si impegna quotidianamente; poter contare su banche dati che interagiscono tra loro e che condividono i diversi passaggi della vita di un bene confiscati permette a tutti noi di poter progettare un riuso il più aderente possibile ai bisogni della comunità. La cultura del dato, come cultura di attivazione partecipata, deve essere alla base delle scelte amministrative dei tribunali, di ANBSC, degli enti locali di prossimità; chiediamo che dal mondo della politica ci sia una chiara presa di posizione: i beni confiscati non si possono privatizzare, attraverso l’affitto oneroso o con la vendita. Chi scrive che la confisca ha penalizzato i territori del Sud Italia, sta riscrivendo la storia del nostro Paese, calpestando chi ha dedicato la sua vita a sostenere la confisca dei patrimoni come strumento cardine della lotta alle mafie. Questo non lo possiamo permettere e il nostro impegno sarà quello di tutelare l’impianto normativo nella sua interezza; le risorse per la valorizzazione dei beni confiscati devono essere messe a sistema, facendo dialogare i fondi pubblici e gli investimenti di enti privati. 30 anni di esperienza, infatti, ci confermano che non si può solo sostenere la ristrutturazione di un immobile, senza pensare a come renderlo un luogo aperto e sostenibile. Chiediamo, quindi, che si possa creare una cabina di regia nazionale, inserita all’interno della strategia nazionale che ci viene richiesta dalla nuova direttiva europea, per sistematizzare le risorse e rendere i diversi fondi complementari tra loro”.

Confronto

Tutto ciò sarà oggetto di confronto nell’ambito dell’iniziativa che si terrà domani 7 marzo, in occasione del 29esimo anniversario della legge 109/96, alle ore 15.30 a Catanzaro, presso la sala riunioni “Casa del Terzo Settore”, per la presentazione del progetto “Da Beni confiscati a Beni Comuni. I beni confiscati alle mafie come opportunità di sviluppo culturale, sociale ed economico”.

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