Il 24 marzo scorso, il vento di Trapani, dove è stata celebrata la XXX edizione della “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, è giunto fino al carcere di Vibo Valentia. Grazie alla disponibilità della direttrice, Angela Marcello, e dei funzionari dell’area pedagogica-giuridica, che hanno fin da subito accolto la proposta del Coordinamento provinciale dell’associazione Libera, guidato da Maria Joel Conocchiella, è stato possibile svolgere la lettura delle 193 vittime innocenti della ‘ndrangheta nell’istituto penitenziario vibonese.
All’iniziativa sono stati coinvolti un gruppo di detenuti dell’alta sicurezza insieme ad alcune studentesse e studenti dell’Istituto Alberghiero di Vibo Valentia. L’incontro è stato preceduto, nei giorni precedenti, da un breve percorso che Libera ha svolto con un gruppo ristretto di detenuti coinvolti attivamente nella lettura dei nomi.
L’origine della Giornata
Dopo i saluti della direttrice e dell’assessora Luisa Santoro, intervenuta per il Comune di Vibo Valentia, il momento commemorativo è stato introdotto dalle riflessioni di Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera in Calabria, il quale ha spiegato il senso e l’origine della “Giornata”, il valore della memoria come strumento di riscatto e resilienza. “Una memoria che non deve essere sterile o retorica commemorazione bensì forza di impegno. Memoria che, in alcuni luoghi, come, appunto, le carceri, assume un peso maggiore e si carica di senso dirompente, aprendo alla possibilità di una revisione critica delle proprie scelte nella speranza di instradare a percorrere nuovi sentieri di vita”, ha dichiarato Borrello.
Forte e deciso, ma allo stesso tempo di una brillante umanità, l’intervento del prefetto di Vibo Valentia, Anna Aurora Colosimo, la quale, rivolgendosi ai detenuti e alle ragazze e ai ragazzi della scuola, ha parlato dell’importante valore della libertà come parola chiave nella vita dei singoli e indubbiamente della comunità, “bene da tutelare e sul quale riflettere nelle nostre scelte quotidiane”.
Ucciso perché colpevole d’amore
Prima della lettura dei nomi, fatta dai detenuti e dagli studenti, Matteo Luzza, familiare di vittima innocente della ‘ndrangheta, ha raccontato la storia di suo fratello Giuseppe, ucciso perché “colpevole d’amore”. Una testimonianza forte, dirompente e appassionata di chi, parlando di vita, ha teso la mano a quell’umanità reclusa senza alcun senso di rancore o risentimento ma anzi, con la speranza di generare vite nuove.
Una commozione forte che ha coinvolto tutti i presenti nella speranza che possa aver aperto delle fratture dalle quali possa germogliare consapevolezza, responsabilità e voglia di cambiamento per il domani.