Maxi blitz in diverse città contro le scommesse illegali, 22 arresti. Coinvolta anche Vibo

L’operazione della Finanza di Messina, con il supporto di reparti da tutta Italia, ha smantellato un’organizzazione accusata di gioco clandestino, riciclaggio e autoriciclaggio

Nella giornata odierna i finanzieri del Comando provinciale di Messina hanno eseguito, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Messina, un’ordinanza emessa dal gip con cui sono state disposte misure cautelari personali e reali nei confronti, complessivamente, di 22 persone: 9 hanno ricevuto un provvedimento di custodia cautelare in carcere, mentre per altre 13 sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Tutti gli indagati sarebbero coinvolti, a vario titolo, in un’articolata inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati, tra cui la raccolta non autorizzata di scommesse, il riciclaggio e l’autoriciclaggio.

Coinvolta anche Vibo

All’operazione hanno preso parte oltre 100 militari delle Fiamme Gialle, con il supporto dei Reparti di Udine, Siracusa, Frosinone, Trapani e Vibo Valentia, nonché con l’ausilio del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) e della componente Aeronavale del Corpo.

Secondo quanto emerso dalle indagini, l’associazione criminale sarebbe stata attiva dal 2022 fino a oggi, con base nel capoluogo peloritano. Il gruppo si sarebbe dedicato principalmente alla raccolta clandestina di scommesse sportive a quota fissa e al gioco d’azzardo, utilizzando piattaforme online illegali, per poi reimpiegare i profitti tramite prestanome compiacenti a cui sarebbero stati trasferiti beni e somme di denaro in modo fraudolento.

Le indagini

Le investigazioni – sviluppate tramite intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, supportate da attività di osservazione e da controlli presso esercizi commerciali – avrebbero permesso di ricostruire la struttura di un’organizzazione criminale ben radicata, guidata da due figure apicali supportate da un ristretto nucleo di fidati collaboratori, in gran parte legati da vincoli familiari. A ciascun affiliato sarebbero stati attribuiti compiti specifici, dalla gestione tecnico-informatica delle piattaforme (le cosiddette skin) alla contabilità interna degli introiti.

Le agenzie di scommesse

L’organizzazione, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe riuscita ad attivare un sistema di agenzie di scommesse dislocate capillarmente nella città di Messina e in altre località italiane, operando con modalità assimilabili a quelle di un’impresa commerciale, con una struttura gerarchica interna basata su ruoli identificabili con le denominazioni tipiche del settore: Master, PJ Promoter, Agente e Agenzia.

Gli indagati, secondo il grave compendio indiziario finora raccolto, avrebbero operato senza le necessarie autorizzazioni previste per i concessionari legittimati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Le scommesse sarebbero state raccolte tramite siti illegali contraddistinti dall’estensione “.com”, con server ubicati all’estero e gestiti da società non soggette al controllo normativo italiano. Uno degli elementi più critici del sistema è stato l’utilizzo sistematico di denaro contante, in modo da eludere la tracciabilità delle operazioni.

Stando alla ricostruzione investigativa, i promotori avrebbero prima acquisito la gestione sul territorio di una nota piattaforma di gioco legale, per poi diffonderla capillarmente attraverso l’apertura di diversi Punti Vendita e Ricarica (PVR) nella zona di Messina. Questo “schermo” legale avrebbe consentito loro di conquistare una posizione dominante nel mercato locale, fidelizzando l’utenza. All’interno delle stesse sale da gioco, poi, agli avventori sarebbe stato proposto l’accesso a computer dedicati, sui quali era precaricata una piattaforma di gioco illegale, contraddistinta da dominio “.com”.

In questo modo, i giocatori – attratti da un ambiente apparentemente in regola – sarebbero stati indirizzati verso forme di scommessa clandestina, con la complicità di alcuni gestori delle sale. Attraverso questa modalità di raccolta abusiva – basata sull’accesso diretto alle piattaforme e sull’uso di contanti, vietati per questa tipologia di giochi – l’organizzazione si sarebbe assicurata una posizione di leadership nel settore delle scommesse sportive illegali.

Canali criptati

Le comunicazioni interne, relative all’operatività e alla gestione del sistema, sarebbero state condotte in modo riservato, tramite canali criptati come WhatsApp e Telegram, dove sarebbero stati costituiti gruppi riservati dedicati ai singoli affiliati.

La struttura dell’organizzazione – secondo gli inquirenti – avrebbe assunto i contorni di una vera e propria impresa occulta, nella quale ciascun soggetto coinvolto, indipendentemente dal ruolo, avrebbe partecipato al rischio d’impresa, beneficiando proporzionalmente degli utili generati dalle giocate raccolte, ma anche delle eventuali perdite, il tutto in violazione delle norme fiscali, delle leggi antiriciclaggio e delle disposizioni in materia di gioco pubblico.

Sequestro

A fronte di tali condotte, il gip ha disposto anche il sequestro preventivo delle società coinvolte e dei beni riconducibili agli indagati, per un valore complessivo stimato intorno ai 3 milioni di euro, ritenuti frutto delle attività illecite di reimpiego dei proventi derivanti dal gioco illegale.

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