“Assolto perché il fatto non sussiste”. È con queste parole, pronunciate martedì 13 maggio dalla giudice monocratica Claudia Caputo del Tribunale di Vibo Valentia, che si chiude una vicenda giudiziaria durata anni per Michele Bonavota, 58 anni, originario di Sant’Onofrio.
L’uomo era finito sotto processo con l’accusa di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. Un’ipotesi di reato scaturita da una verifica incrociata effettuata dalla Guardia di Finanza di Vibo Valentia, nell’ambito delle indagini nazionali per contrastare gli abusi legati alla misura assistenziale.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, Bonavota avrebbe omesso di comunicare all’Inps di essere destinatario, all’epoca, di una misura cautelare in carcere per un procedimento penale ben più ampio e complesso: l’inchiesta “Rinascita Scott”, uno dei più grandi maxi-processi della storia recente della Calabria, incentrato sulla ‘ndrangheta del Vibonese.
Eppure, il quadro accusatorio si è sgretolato sotto il peso delle carte. Già nel gennaio 2020, appena pochi mesi dopo l’emissione della misura cautelare, il Tribunale del Riesame di Catanzaro aveva annullato quell’ordinanza, restituendo la libertà a Bonavota. È questo, in fondo, il nodo cruciale della vicenda: al momento della richiesta e dell’erogazione del reddito di cittadinanza – giugno 2019 – non c’era alcuna misura a suo carico. L’ordinanza arrivò successivamente, e venne poi annullata, rendendo insussistente il presupposto stesso dell’accusa.
Durante l’udienza decisiva del 22 aprile scorso, il giudice Caputo ha acquisito, con il consenso delle parti, l’intera documentazione agli atti: la nota della Guardia di Finanza dell’11 maggio 2021, la comunicazione di notizia di reato del 14 gennaio 2020, la testimonianza resa dal luogotenente Franco Antonino Diadiano e, infine, l’ordinanza del Tribunale del Riesame che scagionava definitivamente Bonavota dalla misura cautelare.
Alla luce di tutto ciò, la stessa pubblica accusa ha ritenuto doveroso chiedere l’assoluzione. Anche la difesa, rappresentata dall’avvocato Giosuè Monardo del Foro di Vibo Valentia, ha insistito su questa linea: il fatto non c’è, e non c’è mai stato. Un errore di valutazione, forse una sovrapposizione temporale tra procedure amministrative e giudiziarie, ha generato un’accusa che col tempo si è rivelata infondata.
Il Tribunale ha accolto la richiesta delle parti e ha messo la parola fine alla vicenda.