Omicidio di Francesco Covato, risolto un caso di lupara bianca dopo 35 anni: ergastolo a Nazzareno Colace

L’assassinio si inserisce in un contesto di faida tra il suo nucleo familiare e il clan Tripodi, attivo a Portosalvo, al quale Colace era legato

La Corte d’Assise di Catanzaro ha inflitto la pena dell’ergastolo a Nazzareno Colace, 61 anni, originario della frazione Portosalvo di Vibo Valentia, ritenuto colpevole dell’omicidio di Francesco Covato, scomparso tra il 23 e il 24 gennaio del 1990. Il corpo della vittima non è mai stato rinvenuto.

Si tratta di un caso di cosiddetta “lupara bianca”, che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è riuscita a ricostruire grazie alle testimonianze di numerosi collaboratori di giustizia, tra cui Carlo Vavalà, Michele Iannello, Gerardo D’Urzo, Rosario Cappello, Raffaele Moscato, Andrea Mantella, Bartolomeo Arena e Antonio Guastalegname.

Si tratta di un caso di cosiddetta “lupara bianca”, che la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è riuscita a ricostruire grazie alle testimonianze di numerosi collaboratori di giustizia, tra cui Carlo Vavalà, Michele Iannello, Gerardo D’Urzo, Rosario Cappello, Raffaele Moscato, Andrea Mantella, Bartolomeo Arena e Antonio Guastalegname.

Colace, in concorso con altri soggetti rimasti al momento ignoti, è stato accusato di aver ideato, promosso ed eseguito materialmente l’agguato mortale, aprendo il fuoco contro Covato per vendetta, a seguito di un attentato subito nel settembre del 1987.

L’assassinio di Francesco Covato si inserisce in un contesto di faida tra il suo nucleo familiare e il clan Tripodi, attivo a Portosalvo, al quale Colace era legato. Il delitto rappresenta il tragico epilogo di un violento scontro tra fazioni criminali contrapposte.

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