Omicidio Di Cello a Lamezia: disposta la perizia psichiatrica sul padre

L’uomo ha confessato di aver ucciso il figlio. Il gip ha incaricato un esperto per accertare la sua capacità di intendere e volere al momento del delitto. Udienza fissata per il 22 luglio.

Sarà una perizia psichiatrica a stabilire se Francesco Di Cello, 64 anni, fosse capace di intendere e di volere al momento in cui, lo scorso 2 maggio, ha ucciso il figlio Bruno, trent’anni, nella loro abitazione alla Marinella, in provincia di Catanzaro. L’uomo si trova attualmente detenuto nel carcere del capoluogo calabrese, dopo aver confessato l’omicidio già nelle prime ore successive al delitto e, nuovamente, davanti al giudice per le indagini preliminari durante l’interrogatorio di garanzia.

Nella giornata di ieri si è tenuta l’udienza per l’incidente probatorio, durante la quale il gip Francesco De Nino ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura e disposto la nomina di uno psichiatra forense, il professor Stefano Ferracuti, al quale è stato affidato il compito di valutare sia la capacità dell’indagato di intendere e di volere al momento del fatto, sia la sua attuale capacità di partecipare consapevolmente al processo.

Nella giornata di ieri si è tenuta l’udienza per l’incidente probatorio, durante la quale il gip Francesco De Nino ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura e disposto la nomina di uno psichiatra forense, il professor Stefano Ferracuti, al quale è stato affidato il compito di valutare sia la capacità dell’indagato di intendere e di volere al momento del fatto, sia la sua attuale capacità di partecipare consapevolmente al processo.

I legali di Francesco Di Cello, gli avvocati Renzo Andricciola e Giuseppe Spinelli, hanno nominato un proprio consulente di parte, il dottor Gregorio Cerminara, anch’egli specialista in psichiatria forense. Il giudice ha fissato l’udienza per il prossimo 22 luglio, data in cui Ferracuti sarà ascoltato in aula. L’elaborato peritale dovrà essere depositato entro il 15 luglio.

Secondo quanto finora emerso dalle indagini, il gesto estremo sarebbe maturato in un clima familiare da tempo segnato da tensioni e conflitti, soprattutto legati – pare – allo stile di vita del giovane Bruno e a frequenti richieste di denaro ai familiari. Proprio per questi comportamenti, il trentenne in passato era stato condannato per estorsione nei confronti dei genitori.

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