“Il sorriso di Maria ha portato un raggio di luce nei cuori di persone che vivono in un luogo di grande buio”. È nelle parole di don Vittorio De Paoli, responsabile nazionale dell’Apostolato mondiale di Fatima, il significato del viaggio che la Statua della Madonna pellegrina di Fatima ha vissuto nelle carceri di Reggio Calabria e Vibo Valentia ed in altri luoghi di sofferenza delle due province calabresi.
La Statua è una delle immagini ufficiali concesse dal Santuario di Fatima, realizzata secondo le indicazioni di Suor Lucia. Dal 1947 viaggia per il mondo, portando con sé un messaggio di pace, amore e preghiera. “Nel mondo cattolico la Madonna pellegrina di Fatima è molto venerata – spiega don Vittorio De Paoli –. Questo nostro viaggio, iniziato in Calabria e destinato ad attraversare diverse regioni italiane, nasce su impulso di Papa Francesco che, prima di morire, espresse il desiderio condurre la Statua laddove esiste dolore e afflizione, celebrando così il Giubileo della Speranza”.

Il viaggio, pertanto, iniziato l’1 luglio si concluderà il 31 agosto. “È partito dalla Calabria per due ordini di motivi. Innanzitutto perché questa è una terra che ha sofferto molto e ha bisogno e merita speranza – spiega don Vittorio –, poi perché i direttori dei penitenziari di Reggio Calabria e Vibo Valentia, Rosario Tortorella e Angela Marcello, sono entrambi molto devoti e sono stati tra i primi a richiedere che le loro strutture potessero accogliere la Madonna pellegrina di Fatima”.
Così la Statua è stata accolta dal personale e dagli agenti penitenziari, ma soprattutto dalle persone detenute, nel carcere di Arghillà, nell’Alta sicurezza della casa circondariale di San Pietro, entrambi a Reggio, e nel penitenziario di località Castelluccio, a Vibo Valentia. È stata inoltre accolta nella casa di cura Villa Caminiti di Villa San Giovanni, e nella Casa di Nazareth e nel Duomo di Vibo Valentia ,alla presenza delle autorità civili, militari e religiose oltre che di tanti fedeli.
“Abbiamo vissuto momenti di rara intensità, molto forti, molto belli – continua don Vittorio De Paoli – grazie ai detenuti e alle detenute, soprattutto nel momento della benedizione individuale. La Chiesa, entrata nei luoghi di massima disperazione e di espiazione, ha ricordato attraverso la Vergine, a chiunque, che un figlio resta un figlio anche se sbaglia o ha sbagliato, ed il suo immenso amore non viene mai meno. La Chiesa ama, punto». Il sacerdote rammenta come in tema di diritti dei detenuti e di recupero sociale delle persone condannate, la legislazione italiana sia tra le più evolute d’Europa. «A volte, anzi spesso – aggiunge – la realtà però non riflette la volontà del Legislatore e i dettami della Costituzione e questo è davvero molto doloroso”.
Ad affiancare il responsabile nazionale dell’Apostolato mondiale di Fatima, c’è Alessandra Biondani, amministratore unico della Biondani TMG di Verona e produttrice del documentario “Falcone e Borsellino – Il fuoco della memoria”, che nel corso della prima parte del 2025 è stato visto da circa 50mila classi italiane. “Ho vissuto la prima parte dell’anno in un luogo, quello della speranza, tra i ragazzi, portando un messaggio legalitario attraverso quest’opera audiovisiva – evidenzia Alessandra Biondani -, vivrò la seconda parte laddove c’è disperazione”.
L’esperienza calabrese è stata “straordinariamente coinvolgente” anche per lei: “Ho ancora impresso nella mente il volto delle donne che abbiamo incontrato nella sezione speciale del carcere di San Pietro e sento ancora il loro abbraccio. Sento l’intensità del momento in cui abbiamo recitato insieme il Rosario. Al momento della benedizione che hanno ricevuto individualmente è come se un raggio di sole le avesse illuminate, una per una. Non è una semplice statua quella che abbiamo portato in pellegrinaggio e quella che tutti abbiamo vissuto e stiamo vivendo è un cammino spirituale davvero sentito”.
Per la manager “chi sceglie il male, lo fa perché la società induce a ciò. Penso a tutti i detenuti ma, soprattutto, alle donne. Ricevere una benedizione, un gesto d’amore e di perdono, significa sentirsi amati anche se d’amore ci si giudica o si ritiene di essere giudicati indegni”.

C’era una musica speciale ad accompagnare la Madonna pellegrina di Fatima in Calabria, quella della chitarra che i detenuti di Secondigliano hanno realizzato attraverso il legno delle barche con cui sono naufragati i migranti morti in prossimità di Lampedusa, poi donata a Papa Giovanni Paolo II.
“Ringraziamo di vero cuore tutti coloro che ci hanno accolto – chiosa don Vittorio De Paoli –. I detenuti e le detenute, gli agenti penitenziari che svolgono un lavoro difficilissimo e fondamentale, i direttori delle carceri e i cappellani, la Chiesa calabrese e l’Arma dei carabinieri, in particolare il colonnello Simone Puglisi. Abbiamo portato tanto amore e tanto altro ne portiamo via nei nostri cuori”.
Il viaggio della Statua della Madonna Pellegrina di Fatima continua in questi giorni in Piemonte, a Saluzzo, provincia di Cuneo, in coincidenza con la Festa della Vita che inizierà sabato e si concluderà domenica prossima.