Se dovessimo mettere in fila indiana tutti gli autori calabresi – e non – che hanno scritto libri sulla ’ndrangheta, formeremmo colonne infinite. Tomi, convegni, documentari, premi e commemorazioni: la narrazione antimafia è diventata un genere letterario a parte, quasi un mercato a sé. Ma quando si tratta di affrontare il male più pervasivo e più vicino alla vita quotidiana dei calabresi – la corruzione – il silenzio diventa imbarazzante. Nessuno si espone. Nessuno scrive. Nessuno accusa.
I professionisti dell’antimafia
I professionisti dell’antimafia
E allora la domanda è: dove sono i professionisti dell’antimafia calabrese? Dove sono quelli che vanno nelle scuole a parlare di educazione alla legalità, quelli che gestiscono progetti finanziati, quelli che aprono fondazioni in nome dei martiri dello Stato? Quando scoppiano inchieste su amministratori, consiglieri, dirigenti regionali, assessori o imprenditori legati alla politica, perché cala il silenzio?
L’impressione che si coglie è che in Calabria si continui a pensare che il nemico sia solo la ’ndrangheta con i fucili, le lupare, le faide. Le estorsioni, il traffico internazionale di droga e non solo. Da tempo opera e lavora in maniera silente un altro nemico, che usa strumenti altrettanto devastanti: la penna, la firma, il favore, le convenzioni, le consulenze. Quel nemico si è trasferito nei palazzi istituzionali, ha indossato giacca e cravatta e ha cominciato a usare il potere invece della violenza. Oggi la Calabria (ancora di più rispetto al passato) non è ostaggio soltanto della ’ndrangheta: è prigioniera di una cultura del privilegio, del clientelismo, dell’amico dell’amico.
Ci si abitua a tutto
Dov’è finita l’indignazione? Inchieste, avvisi di garanzia, politici compromessi, portaborse – senza né arte né parte – al servizio del sistema. Tutto lecito. Della ’ndrangheta si può parlare perché appare distante, riconoscibile, quasi folcloristica nella sua brutalità. Ma della corruzione no, perché tocca amici, parenti, istituzioni, partiti. Perché mette in connessione mondi fatti di convenienze e scambi reciproci. E allora si va avanti. Ogni volta si riparte come se nulla fosse. La corruzione si è fatta costume. Una volta che si insinua, non fa rumore, non fa notizia. È parte del paesaggio, come il mare e le montagne. Ma è un mare nero, una montagna che schiaccia.
Il messaggio dei social
Sui social, persino i corrotti vengono difesi. Qualcuno li chiama “perseguitati”, “coraggiosi”, “campioni”, altri li elogiano anche dopo sentenze divenute definitive. Il messaggio che passa alle giovani generazioni è devastante: la corruzione non è reato, è strategia. Non è colpa, è abilità, scaltrezza. Chi non la mette in atto è solo uno gnocco.
L’esercito della legalità e dell’antimafia deve capire che non bastano più le marce della memoria, le foto in bianco e nero dei giudici uccisi, le dichiarazioni che si rinnovano ogni anno. Servono atti concreti. Chi ha fatto dell’antimafia un mestiere deve avere il coraggio di sporcarsi le mani nella lotta quotidiana al malcostume e al potere corrotto, non solo di raccontare storie passate per vendere libri e ricevere applausi. Perché la Calabria è stanca di teatrini. È stanca di legalità a orologeria. È stanca di vedere i corrotti che continuano a comandare e chi denuncia messo all’angolo. È stanca di vedere associazioni che si dicono antimafia ricevere soldi pubblici per fare progetti inoffensivi, mentre nei palazzi si consumano scandali su cui nessuno osa aprire bocca.
Non si può parlare di mafia senza parlare di corruzione
Non si può più parlare di mafia senza parlare di corruzione. Non si può più parlare di giustizia senza denunciare i favori, le parentele, le clientele che distruggono ogni concorso, ogni bando pubblico, ogni possibilità di riscatto. Se la ’ndrangheta ha potere, è perché qualcuno, in alto, glielo concede. Per tornaconto, per convenienza o per codardia. Questa regione sembra essere stata tradita due volte: prima dalla mafia, poi da chi finge di combatterla. Serve un Piano Marshall carico di verità, di coraggio. Di rivoluzione etica. Non di professionisti.