Gli ex amministratori del Comune di Stefanaconi non si arrendono e annunciano battaglia legale dopo la sentenza del Tar Lazio che ha confermato lo scioglimento dell’amministrazione. A rappresentarli sarà l’avvocato Oreste Morcavallo, cui è stato affidato il ricorso al Consiglio di Stato.
Pronunciamento del Tar
Pronunciamento del Tar
La decisione arriva a seguito di una valutazione da parte degli ex rappresentanti dell’ente, a giudizio dei quali il pronunciamento del Tar presenta “profili di evidente ingiustizia e gravi vizi logico-giuridici”, tali da minare i principi fondanti dello Stato di diritto. Contestano in particolare la conferma di un provvedimento “così incisivo” – lo scioglimento di un’intera amministrazione – senza che, a loro giudizio, ci sia stato un reale e approfondito esame da parte del tribunale amministrativo.
Eccezione ignorata
Uno dei nodi centrali della contestazione riguarda un’eccezione preliminare che il Tar, secondo la difesa, avrebbe ignorato del tutto: la presunta violazione dell’articolo 143, comma 9 del Testo Unico degli Enti Locali, che impone il pieno rispetto del contraddittorio sia nel procedimento amministrativo sia in sede giudiziale. Ancora più grave, a detta degli ex amministratori, sarebbe il fatto che le censure sollevate nel ricorso – supportate da atti ufficiali, relazioni ispettive e documentazione completa del procedimento – siano state liquidate con motivazioni giudicate “apodittiche”, senza alcun confronto puntuale con i dati oggettivi e le fonti documentali presentate.
Sentenza viziata
Nel merito, si sottolinea come la sentenza appaia “viziata da una valutazione unilaterale”, e in alcuni casi “forzata”, rispetto al reale contenuto delle relazioni della Prefettura e della Commissione di accesso. Il sospetto espresso è che vi sia stato un tentativo di colmare, per via interpretativa, le lacune istruttorie del procedimento amministrativo, in contrasto con quello che dovrebbe essere – secondo gli amministratori – il ruolo imparziale della giurisdizione amministrativa.
Una ferita aperta
“La pronuncia rappresenta una ferita allo Stato di diritto, al principio di legalità e alla democrazia stessa” dichiarano, sottolineando come le basi del provvedimento – a loro dire – siano elementi “privi di attualità, inconsistenti e scollegati da concreti atti di illegittimità o condizionamento”. A conferma di ciò, viene citata la stessa Commissione di accesso, che non avrebbe riscontrato né elementi di compromissione dell’azione amministrativa né ingerenze esterne. Un dato, secondo gli ex amministratori, in netto contrasto con quanto affermato successivamente nella relazione prefettizia.
Ora gli occhi sono puntati sul Consiglio di Stato, giudice di secondo grado, in cui i ricorrenti confidano per un esame “sereno, imparziale e fondato sui principi costituzionali”, capace di ristabilire un equilibrio tra tutela dell’ordine pubblico e rispetto delle garanzie democratiche. “Abbiamo sempre operato nella legalità e nella trasparenza – ribadiscono – come attestato dallo stesso organo ispettivo. Difendiamo non solo la nostra onorabilità personale, ma anche la credibilità delle istituzioni democratiche, che non possono essere piegate a logiche estranee alla giustizia”.
L’appello finale
In chiusura, un appello: “Stefanaconi ha diritto a vedere riconosciuta la sua verità, la sua storia e la sua identità reale, non quella strumentalmente travisata per finalità lontane dai principi democratici e costituzionali. I risultati ottenuti in questi anni, che hanno restituito un’anima e una prospettiva alla comunità, sono stati cancellati da una decisione che segna una ferita profonda, forse insanabile”.
“Chiediamo giustizia – concludono – nel rispetto della verità dei fatti, perché è solo in quella verità che si può riconoscere e ritrovare il senso autentico del diritto e della democrazia.”