Sfruttamento del lavoro ed estorsione, arrestato il titolare di un’impresa nel Soveratese

L’inchiesta, partita dopo le denunce di due dipendenti, ha fatto emergere gravi violazioni contrattuali, mancato versamento dei contributi e condizioni lavorative vessatorie

Questa mattina, a Satriano, i carabinieri della Compagnia di Soverato – unitamente a quelli del Nucleo Ispettorato del lavoro (Nil) di Catanzaro – hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare applicativa degli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura, nei confronti di un soggetto legale rappresentante di un’impresa operante nel settore del commercio, gravemente indiziato di avere commesso i reati di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro ed estorsione. Contestualmente, il gip ha emesso decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca dell’intera azienda e dei beni strumentali all’esercizio dell’attività, con contestuale nomina di un custode e amministratore giudiziario dei beni

L’indagine, avviata nel gennaio 2024 a seguito delle dichiarazioni acquisite da due lavoratori che hanno denunciato illegittime condotte del datore di lavoro, ha consentito di delineare l’esistenza di un’attività illecita di sfruttamento del lavoro che sarebbe stato posto in essere dall’indagato.

L’indagine, avviata nel gennaio 2024 a seguito delle dichiarazioni acquisite da due lavoratori che hanno denunciato illegittime condotte del datore di lavoro, ha consentito di delineare l’esistenza di un’attività illecita di sfruttamento del lavoro che sarebbe stato posto in essere dall’indagato.

Nella fattispecie: i dipendenti erano impiegati per 10 ore giornaliere a fronte delle 4 previste dal contratto di assunzione a tempo parziale; le mansioni effettivamente svolte di cassiere e commessi risultavano diverse da quelle contrattuali (addetto alle pulizie); ogni lavoratore poteva assentarsi per un massimo di tre giorni al mese e non erano concessi altri giorni di assenza; i giorni di assenza venivano decurtati dallo stipendio; omesso versamento dei contribuiti previdenziali in favore dei dipendenti pari a 166.6886.00 euro.

Inoltre, stando a quanto accertato dai militari, dipendenti erano costretti a restituire una parte dello stipendio in contanti, pena il loro licenziamento. Infine, sono state appurate le pessime condizioni di lavoro, ovvero anche il controllo attraverso sistemi di videosorveglianza dei dipendenti.

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