Roghi in Calabria, l’affondo di Paolillo (Wwf): il problema siamo noi

Dura presa di posizione dello storico esponente dell'associazione, che denuncia l’origine dolosa e culturale degli incendi che ogni estate devastano il territorio

Come ogni anno, con l’arrivo del caldo torrido e la vegetazione secca, la Calabria torna a bruciare. Incendi che devastano parchi nazionali, boschi, campagne, perfino le periferie dei paesi e dei capoluoghi. E se in alcune stagioni recenti il fenomeno sembrava meno aggressivo, non era merito di una maggiore consapevolezza collettiva, ma piuttosto di condizioni meteo più clementi. Basta infatti qualche settimana di siccità per far riemergere un problema mai risolto: quello degli incendi dolosi.

Una denuncia severa arriva da Pino Paolillo, storico attivista del Wwf in Calabria, che sui roghi delle ultime ore non usa mezzi termini. “Quando si creano le condizioni favorevoli, chi vuole brucia. E a quel punto nessun Canadair, autobotte o squadra antincendio può arginare la furia distruttiva. Di fronte a un popolo di incendiari non c’è intervento che tenga. Se spegni un rogo, ne partono altri cento. E il dramma è che qualcuno si compiace pure nel vedere le fiamme divorare pinete e macchia mediterranea”.

Una denuncia severa arriva da Pino Paolillo, storico attivista del Wwf in Calabria, che sui roghi delle ultime ore non usa mezzi termini. “Quando si creano le condizioni favorevoli, chi vuole brucia. E a quel punto nessun Canadair, autobotte o squadra antincendio può arginare la furia distruttiva. Di fronte a un popolo di incendiari non c’è intervento che tenga. Se spegni un rogo, ne partono altri cento. E il dramma è che qualcuno si compiace pure nel vedere le fiamme divorare pinete e macchia mediterranea”.

Una riflessione amara, quella dell’attivista, che lega il problema degli incendi a un più ampio disinteresse per il bene comune. “Se ci fosse la stessa energia e lo stesso denaro che si impiegano per organizzare sagre, feste di paese e padellate di fritto, forse riusciremmo a reagire con più serietà. Ma qui si continua a pensare che il fuoco sia un mezzo accettabile per liberarsi di potature, resti agricoli, o peggio ancora, per fare dispetto a qualcuno”.

Secondo Paolillo, l’incendio, in Calabria, è diventato quasi una prassi consolidata, spesso alla luce del sole, e raramente sanzionata. “Si appiccano roghi anche in pieno giorno. Ma quante contravvenzioni reali avete visto per questi reati? Pochissime, se non nessuna. La gente respira fumo tossico, chiude le finestre, ma tutto continua nella più totale indifferenza”.

L’ambientalista mette poi in discussione il mito del cambiamento culturale come strumento di salvezza per il territorio: “Si dice che la Calabria si salverà con la cultura. Ma quale cultura? Qui dominano l’individualismo esasperato, il conformismo e una forma di bigottismo che sembra arrivare dal Medioevo. Il diritto è quello che ognuno si crea da sé, anche quello di bruciare impunemente tutto ciò che lo circonda”.

E conclude con una riflessione: “Ogni incendio nasce da un gesto semplice, come l’accensione di un fiammifero su un’erba secca. Eppure sembra che a molti il nero della cenere piaccia più del verde dei boschi. Forse perché il bello, il sano, il naturale, dà fastidio. E allora si brucia tutto, perché in fondo è così che si è sempre fatto”.

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