La discussione pubblica ha abbandonato i temi concreti come sanità, lavoro e infrastrutture per concentrarsi solo sul destino giudiziario del presidente, come se spettasse agli elettori assolvere o condannare. Sarà questo il tema della ormai imminente campagna elettorale.
Convocare il voto (la data è stata fissata il 5 e il 6 ottobre) mentre la magistratura indaga, è un’operazione rischiosa per la democrazia: spinge a sostituire le prove con le urne, alimentando una narrazione pericolosa.
Convocare il voto (la data è stata fissata il 5 e il 6 ottobre) mentre la magistratura indaga, è un’operazione rischiosa per la democrazia: spinge a sostituire le prove con le urne, alimentando una narrazione pericolosa.
In questo scenario, il “codice Occhiuto” segna un’inversione dei ruoli: la politica non risponde più alle leggi, ma pretende che siano le leggi a difendersi da essa. Così ogni processo si trasforma in campagna elettorale, il consenso diventa merce e la magistratura viene dipinta come un potere abusivo. Quando si confonde il confine tra consenso popolare e sentenza, a soccombere non è un leader politico, ma lo Stato di diritto stesso.