La nuova settimana politica che si apre oggi (lunedì 18 agosto), segna un crocevia decisivo per la Calabria. Da un lato un centrosinistra che si è mostrato unito negli attacchi a Roberto Occhiuto ma, fino a oggi, incapace di trasformare la sua unità in una strategia di governo. Dall’altro un centrodestra che, con le dimissioni del presidente, ha scelto la via del rischio calcolato: Occhiuto si ricandida e vuole ribaltare a suo favore un quadro che sembrava compromesso.
Il centrosinistra
Il centrosinistra
Partiamo dal centrosinistra. La coalizione ha fatto quello che sa fare meglio: colpire, criticare, denunciare. Ha parlato del “cerchio magico”, delle inchieste, degli errori di gestione. Tutto vero. Ma a due settimane dalle dimissioni di Occhiuto la coalizione è ancora lì, senza un candidato e senza un programma. Aveva sul tavolo l’area socialista, aveva Azione pronta a convergere, aveva l’occasione storica di mostrarsi credibile. Ma è rimasta paralizzata.
La scelta di Tridico
Il nome di Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, è l’ipotesi più concreta. Ma Tridico è a Bruxelles, europarlamentare, e sembra poco convinto di lasciare l’Europa per buttarsi nella mischia calabrese. Intanto, Nicola Irto, Giuseppe Falcomatà e Flavio Stasi restano ai margini, senza che nessuno prenda il comando della coalizione. E il centrosinistra si conferma quello che è: bravo negli attacchi, ma incapace di indicare una leadership forte, di mettere in campo una proposta che sappia conquistare la fiducia dei calabresi.
L’attesa del cambiamento
Il vero nodo è questo: non basta gridare “cambiamento”. Serve costruire una leadership. Una figura che incarni la rottura con il passato, che parli chiaro sulla sanità, sugli ospedali che mancano, sulle infrastrutture inesistenti, sulla viabilità ridotta a mulattiere, sui fondi Pnrr che rischiano di andare dispersi. Una figura che indichi una via seria contro il precariato e, soprattutto, che sappia dire basta alla corruzione e ai giochi di palazzo. Questo oggi manca.
Il rischio di Occhiuto
Mentre il centrosinistra resta fermo, Occhiuto ha scelto di rischiare. Si è dimesso, si ricandida. Non lo fa per debolezza, ma per calcolo. Vuole una legittimazione popolare per affrontare la magistratura non da indagato, ma da presidente votato di nuovo dai cittadini. Vuole mostrarsi più forte dei suoi avversari e, insieme, mandare un messaggio chiaro agli alleati: alla Lega e a Fratelli d’Italia, con cui i rapporti non sono mai stati idilliaci. E anche a Forza Italia, il suo partito, dove è vice segretario nazionale e ambisce a contare di più.
Una pratica personale
Quella che Occhiuto ha aperto è una partita personale. Gioca d’anticipo sul centrosinistra, che arranca senza coraggio e senza leader. Punta a ribaltare la narrativa: da presidente travolto da un avviso di garanzia a leader che ottiene una seconda investitura popolare. Se vince, diventa più forte di prima: in Calabria, nel centrodestra, dentro Forza Italia. Ma attenzione: il rischio è enorme. Perché se perde, non cade solo lui. Con lui affonderebbe l’intero centrodestra calabrese, e con esso la stessa Forza Italia, facendo precipitare la regione in un baratro politico e istituzionale.
L’occasione del secolo
Questa è la fotografia all’inizio di una settimana che potrebbe essere decisiva: un centrosinistra che aveva l’occasione del secolo e l’ha trasformata in un pasticcio di veti e indecisioni. Un centrodestra che rischia il tutto per tutto pur di non lasciare il campo all’avversario. E una regione che, ancora una volta, resta prigioniera delle manovre di partito e dei calcoli personali. La domanda resta sospesa: la politica calabrese sarà capace di trasformare questa crisi in un’occasione di vero cambiamento, o assisteremo all’ennesima recita a soggetto dove a perdere sono sempre e solo i cittadini?