Dimissioni di Occhiuto da commissario alla sanità, Lo Schiavo: il tempo e il diritto mi hanno dato ragione

Secondo il consigliere regionale uscente il presidente dimissionario non poteva rimanere alla guida della sanità calabrese

Prime reazioni politiche alle dimissioni di Roberto Occhiuto dal ruolo di commissario alla sanità calabrese e alla realizzazione dei nuovi ospedali. A intervenire è il consigliere regionale uscente Antonio Lo Schiavo, che rivendica la correttezza delle sue precedenti prese di posizione:

Chiara la violazione delle regole

Chiara la violazione delle regole

“Il 6 agosto, in conferenza stampa, avevo avvertito che Roberto Occhiuto non poteva rimanere commissario alla sanità e, al contempo, candidarsi alle Regionali. Denunciando la violazione delle basilari regole della democrazia e un’evidente mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini calabresi, era per me evidente che mantenere il potere di firma su appalti milionari e nella gestione di interessi enormi avrebbe messo il presidente dimissionario e ricandidato in una posizione di estremo vantaggio, in una campagna elettorale giocata sul filo del rasoio per i tempi da lui stesso imposti”.

Decadenza immediata

Lo Schiavo ricorda di aver chiesto le dimissioni immediate del presidente già allora, sottolineando come la normativa preveda la decadenza dei commissari di governo in caso di candidatura a consigliere regionale: “In quella sede ho detto a gran voce che Occhiuto non poteva restare commissario alla sanità calabrese. Per tutta risposta, il vicepresidente Pietropaolo definì “fantozziana” la conferenza stampa dei capigruppo d’opposizione, sostenendo che non esisteva alcun problema giuridico. Il centrodestra si era fatto beffe, ancora una volta, delle nostre preoccupazioni costituzionali”.

Una denuncia coerente

Alla luce delle dimissioni ufficiali di Occhiuto, il consigliere rivendica la coerenza della sua denuncia: “Oggi, Roberto Occhiuto si è dimesso… per evitare il rischio di ineleggibilità, esattamente come avevo previsto. Dunque, non era “populismo” o “fantozzeria”. Era la rivendicazione del rispetto delle regole democratiche e delle norme costituzionali. Il tempo ha dato ragione al diritto. E il diritto non è mai fantozziano”.

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