Calabria e Sicilia, il mare che li divide è da secoli crocevia di popoli, storie e sogni. È lì, dove lo Stretto di Messina si restringe e le correnti si mescolano, che prende forma una delle opere più discusse – e insieme più attese – della storia italiana: il Ponte sullo Stretto. Negli ultimi giorni, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ha annunciato l’avvio delle prime opere, con la realizzazione delle torri che sosterranno la grande campata. Un segnale concreto, quasi simbolico: il sogno che prende corpo.
Calabria e Sicilia, il mare che li divide è da secoli crocevia di popoli, storie e sogni. È lì, dove lo Stretto di Messina si restringe e le correnti si mescolano, che prende forma una delle opere più discusse – e insieme più attese – della storia italiana: il Ponte sullo Stretto. Negli ultimi giorni, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, ha annunciato l’avvio delle prime opere, con la realizzazione delle torri che sosterranno la grande campata. Un segnale concreto, quasi simbolico: il sogno che prende corpo.
Opinioni a confronto
Il dibattito si riaccende. Da una parte ambientalisti e tecnici che temono l’impatto dell’opera; dall’altra, imprenditori e professionisti che intravedono nelle campate del futuro ponte un’opportunità di crescita. Tra questi ultimi, spicca Francesco Cascasi, imprenditore vibonese impegnato da anni nella promozione turistica della Calabria. Cascasi vede nel ponte non solo un’infrastruttura ingegneristica, ma “una grande opera che abbatterà confini, non solo geografici”.
L’obbligo di guardare avanti
“Per noi calabresi – dice – questo ponte non è soltanto cemento e acciaio, ma una scelta culturale che può dare al Mezzogiorno un peso specifico importante nel confronto politico europeo. Bisogna avere rispetto per l’ambiente, perché è la vita del nostro territorio, ma dobbiamo anche saper guardare avanti. Lo sviluppo dei territori si misura anche da queste cose. Perché il vero cambiamento nasce solo dal senso di responsabilità condivisa verso il futuro della nostra comunità: un impegno che chiama cittadini, istituzioni, associazioni e imprese a collaborare, superando interessi di parte per costruire insieme un percorso di crescita, partecipazione e sviluppo sostenibile.”
Calabria Inchieste
Le sue parole si intrecciano con quelle di Piero Borsani, C.T.U. di vari tribunali ed ex direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria di Paola. Entrambi, intervistati da Calabria Inchieste – la testata che ha recentemente approfondito il tema con un articolo dettagliato – hanno ribadito che l’opera può rappresentare un rilancio concreto per turismo, ristorazione, trasporti e indotto alberghiero.
L’economia del Mezzogiorno
Come scrive Calabria Inchieste, Borsani e Cascasi giudicano l’opera non solo fattibile, ma utile per rilanciare l’economia calabrese, sottolineando che la controversia è più politica che tecnica. Loro stessi riconoscono che l’ambiente va tutelato, ma criticano chi invoca l’inquinamento come ostacolo assoluto: i traghetti già presenti, sostengono, hanno un impatto rilevante e tempi di percorrenza più lunghi.
Tante le preoccupazioni
Naturalmente, non mancano le voci contrarie. Associazioni come Legambiente, WWF e LIPU ricordano che il Ponte rischia di distogliere risorse da altre priorità: manutenzione delle infrastrutture esistenti, trasporti pubblici locali, tutela dell’habitat naturale. La sfida, insomma, non è solo costruire, ma costruire bene.
Una cerniera tra culture
Eppure, nel racconto di Cascasi emerge qualcosa di più del semplice entusiasmo per un’opera ingegneristica: una visione del Sud come cerniera tra culture, come ponte verso l’Europa. Per l’imprenditore vibonese, il Ponte può essere la grande occasione per trasformare la Calabria da “estrema periferia” a centro di un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Un’opportunità che parla di investimenti, lavoro e attrattività turistica, ma anche di identità e orgoglio territoriale.
Lo specchio del Mezzogiorno
Il Ponte sullo Stretto – tra entusiasmi e critiche – diventa così uno specchio del Mezzogiorno contemporaneo: sospeso tra ciò che è stato e ciò che potrebbe diventare. Sta alle istituzioni, alla politica e alla società civile decidere se sarà un monumento al progresso o alla retorica.