Dopo il voto, Pasquale Tridico parte solo. E la sinistra calabrese resta ancora ferma a terra

Nessuna scorta, nessun codazzo. Solo un trolley, uno zainetto e un silenzio che pesa come un macigno su una sinistra che continua a non capire, a non imparare, a non sognare

C’è un’immagine che vale più di mille analisi, più di mille editoriali: Pasquale Tridico, solo, in in attesa del suo volo all’aeroporto di Lamezia Terme. Nessuna auto blu, nessun addio solenne, nessuna fotografia di gruppo. Solo un uomo, il suo trolley e un volo Ryanair diretto a Bruxelles. Un’immagine semplice, autentica, ma anche terribilmente amara. Perché dentro quella solitudine c’è tutta la sconfitta di una sinistra che ha smarrito se stessa, che non sa più camminare al passo di chi dovrebbe rappresentare.

Le colpe di Tridico

Le colpe di Tridico

Tridico non ha perso per colpe sue. Ha pagato errori altrui, divisioni storiche mai sanate, presunzioni di superiorità morale che si sciolgono come neve al sole davanti alla realtà di un popolo stanco, disilluso, tradito. Ha pagato il prezzo di una sinistra che non sa programmare, non sa progettare, non sa più sognare. Che si riempie la bocca di parole come “partecipazione” e “rinnovamento” ma poi si fa risucchiare da piccoli potentati locali, da logiche di corridoio, da guerre intestine che servono solo a perdere. Ancora.

Cattiverie e tante ironie

E mentre Tridico varca i controlli con il suo zainetto, sui social affiorano cattiverie, ironie, sfottò, caricature. Si ride dell’uomo solo al gate, ma nessuno si chiede perché sia solo. Nessuno si interroga sul vuoto che lascia dietro di sé, su quel campo progressista incapace di stringersi attorno a chi rappresentava, nel bene o nel male, una possibilità diversa. C’è qualcosa di profondamente simbolico in questa partenza: Tridico torna a Bruxelles, alla politica vera, ai dossier e alle decisioni che (a torto o a ragione) contano, mentre qui, in Calabria, resta una sinistra impantanata nelle sue paure, nelle sue gelosie, nei suoi “no” senza proposta. Una sinistra che preferisce combattere battaglie astratte – contro i mali del mondo, contro i simboli, contro i fantasmi – invece di cominciare ad affrontare i cancri veri di questa terra: il clientelismo, la corruzione, l’inerzia morale.

La metafora del trolley

E così, il trolley di Tridico diventa metafora di un viaggio che non è solo fisico. È il viaggio di chi ha provato a portare un’idea di rigore, di coerenza, di sobrietà. Di chi ha creduto che la politica potesse ancora essere servizio, e non apparato. Di chi, pur sconfitto, non si piega alle logiche di convenienza. Forse, un giorno, la sinistra calabrese si accorgerà che non si vince inseguendo slogan, né accumulando alleanze improbabili. Si vince tornando a credere in qualcosa, tornando a parlare la lingua della gente, tornando a sognare.

Ma per ora resta quell’immagine. Un uomo solo, con il suo zaino, che se ne va in silenzio. E una sinistra, qui, che resta immobile a guardarlo partire. (foto in alto da Strettoweb)

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