Sotto la pioggia di Nardodipace, l’ultimo saluto a un comunista vero

Commozione e riconoscenza ai funerali di Antonio Demasi, ex sindaco e padre nobile del paese più povero d’Italia, che lottò una vita per la dignità della sua gente

La pioggia cadeva fitta, come se anche il cielo avesse deciso di piangere Antonio Demasi. A Nardodipace, il paese che per anni i giornali hanno definito “il più povero d’Italia”, oggi è calato un silenzio profondo. Nonostante l’acqua, nonostante il freddo, in tanti hanno voluto accompagnare la bara dell’ex sindaco lungo le strade del paese.

La politica come servizio

La politica come servizio

Davanti al Palazzo Municipale, luogo simbolo di tante battaglie amministrative, il suono struggente de “Il Silenzio” ha trafitto l’aria. Era il dono dei compagni di partito, un ultimo omaggio al “comunista vero” che aveva fatto della politica un servizio, mai un privilegio. La chiesa della Natività era gremita. Ad accoglierlo, tre parroci – don Biagio Cutullè, don Francesco Maiolo e don Vincenzo Maiolo – segno tangibile di una comunità unita nel dolore. Durante l’omelia, don Biagio ha ricordato ciò che ha sempre distinto Antonio Demasi: “La politica dovrebbe essere al servizio del bene comune, così come l’ha sempre intesa Antonio. Non fonte di inimicizie e divisioni”.

Il premio ai suoi parroci

Don Francesco Maiolo ha poi evocato un gesto emblematico: il Premio Cascella, che Demasi volle donare ai tre sacerdoti del paese, in riconoscimento del loro impegno nelle frazioni, tra la pioggia e la neve, portando non solo fede ma anche cultura nelle case dei nardodipacesi. A raccontare l’uomo dietro al sindaco è stato il genero, Francesco Tassone, che ha ripercorso le tappe di una vita spesa per la sua terra. Subito dopo l’alluvione degli anni Settanta, suo padre, il professor Salvatore Tassone, il dottor Cosmo Monteleone e Antonio Demasi, scelsero di restare, quando molti partivano. Andarono casa per casa, ascoltarono la gente, ne raccolsero le necessità. Poi vinsero le elezioni e, insieme, amministrarono Nardodipace per oltre trent’anni. Furono loro a ricostruire le frazioni distrutte, a ridare senso e dignità a un territorio ferito.

Lavoro e stabilità per i giovani

Demasi non amava vantarsi. Preferiva fare. Lottò per dare lavoro e stabilità a tanti cittadini, per garantire un futuro a chi voleva restare nella propria terra. Fu un amministratore rigoroso e generoso, capace di ricoprire con dedizione diversi incarichi nel Comune e negli enti provinciali di Vibo Valentia. Il ricordo più dolce, però, è arrivato dai suoi nipoti. “Erano stupiti – ha raccontato il genero – nel leggere i tanti articoli dedicati al nonno, scoprendo quanto grande fosse l’impronta che aveva lasciato”. Per loro, come per molti, era semplicemente un nonno affettuoso, un padre presente, un marito attento.

Il messaggio di Vito Teti

In chiusura della cerimonia, la nipote Bianca ha letto un messaggio inviato dal professore e scrittore Vito Teti, impossibilitato a partecipare. “Antonio Demasi è stato una persona speciale – ha scritto Teti -. Un uomo che mi onorò con la cittadinanza onoraria e che ha onorato il suo popolo con una vita intera di impegno, coraggio e amore per la sua comunità”

In silenzio e sotto la pioggia

Quando il feretro è uscito dalla chiesa, la pioggia era ancora lì. Ma sembrava meno pesante, quasi un battesimo collettivo, come se quel piccolo paese, nel cuore del Vibonese, avesse ritrovato per un istante il senso più alto delle sue radici: la dignità del lavoro, della solidarietà e della memoria. Antonio Demasi se n’è andato così, come ha vissuto: in silenzio, sotto la pioggia, ma accompagnato da un popolo intero.

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