Quando una città litiga sulla scuola, vuol dire che ha smarrito la bussola del futuro

La querelle tra il sindaco Romeo e la dirigente Cacciatore sul cortile dell'ex caserma Diaz fotografa una città che non riesce più a trovare armonia nemmeno sui diritti elementari dei suoi ragazzi

Quando una città arriva a dividersi persino sulla possibilità per i ragazzi di una scuola di fare attività motoria, qualcosa non funziona più. La vicenda che in questi giorni coinvolge la scuola media Bruzzano e il Comune di Vibo Valentia, con la dirigente Domenica Cacciatore da una parte e il sindaco Enzo Romeo dall’altra, non è soltanto una banale controversia amministrativa: è il segno di una comunità che fatica a riconoscersi, a dialogare, a costruire insieme un’idea di futuro.

La miccia della polemica

La miccia della polemica

Tutto nasce dal divieto imposto dal Comune alla scuola Bruzzano di continuare a utilizzare il piazzale della ex caserma Diaz – oggi destinata alla realizzazione di un polo museale – per le attività motorie degli studenti. Una decisione che ha suscitato amarezza nella dirigente Cacciatore, la quale, dopo aver inviato una nota interna alle famiglie, si è vista recapitare una lettera dal sindaco che ha giudicato “lesiva del mio onore”. La dirigente, visibilmente rammaricata, ha precisato di non aver mai inteso alimentare polemiche, ricordando di nutrire “stima e affetto sincero per il sindaco Romeo fin da quando ero bambina”, ma di aver semplicemente chiesto “un diritto sacrosanto: consentire ai ragazzi della Bruzzano di fare scienze motorie in un luogo sicuro, in attesa che la scuola trovi spazi adeguati”. La sua richiesta, spiega, era stata istituzionale e rispettosa: “Avevo chiesto dieci ambienti per fare lezione e il cortile per l’attività fisica. Con ventisei locali disponibili a piazza Diaz, museo e scuola potevano convivere”.

Il polo museale nell’ex Diaz

Ma le parole della dirigente sono bastate a innescare una polemica pubblica, amplificata dai social, che ha visto nascere un clima di sospetto e accuse reciproche. Il sindaco, dal canto suo, ha ribadito la volontà di proseguire il progetto del polo museale, mentre la dirigente chiede “un tavolo tecnico in Prefettura” per chiarire tutto e “difendere il diritto dei ragazzi a una scuola dignitosa”. Eppure, al di là delle carte e delle interpretazioni, resta un dato più profondo: Vibo Valentia riesce a litigare anche sulla scuola, sul luogo che più di ogni altro dovrebbe unire, educare, far crescere. Se il dialogo istituzionale si spezza proprio lì dove si dovrebbe seminare fiducia e futuro, allora il problema non è solo un cortile negato, ma un orizzonte civico che si restringe sempre di più.

Un presidio di civiltà

Una città matura non teme il confronto, ma sa gestirlo con misura. Una città viva difende la scuola come presidio di civiltà, non come terreno di scontro. Se oggi i vibonesi arrivano a dividersi persino su dove far correre i propri figli, forse è tempo di fermarsi e chiedersi non chi ha ragione, ma dove stiamo andando.

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