Una collaborazione inedita tra due Regioni agli antipodi del sistema sanitario italiano: la Calabria, storicamente in deficit per la mobilità sanitaria, e l’Emilia-Romagna, tra le più attrattive del Paese. Dal primo novembre 2025 è entrato in vigore un accordo triennale che mira a mettere ordine e trasparenza nei rapporti economici legati alle cure erogate ai pazienti che si spostano da una Regione all’altra. L’intesa, valida fino al 31 dicembre 2027, nasce in attuazione della legge di Bilancio 2024 e rappresenta un modello di cooperazione bilaterale per gestire in modo più equo e sostenibile il fenomeno della mobilità sanitaria.
Un’intesa chiara e con limiti precisi
Un’intesa chiara e con limiti precisi
L’articolo uno definisce oggetto e durata dell’accordo: un quadro regolato, senza rinnovi automatici, ma con la possibilità di aggiornare annualmente i contenuti sulla base dei flussi di pazienti e delle risorse disponibili. Il cuore dell’intesa è nell’articolo 2, che introduce tetti di spesa precisi per la Regione Calabria. Si tratta di limiti massimi per le prestazioni acquistate dall’Emilia-Romagna: 400.000 euro per i ricoveri ospedalieri pubblici; 350.000 euro per quelli privati accreditati; 53.500 euro per la specialistica ambulatoriale pubblica; 26.300 euro per la specialistica privata. Numeri che mostrano un forte divario: in Emilia-Romagna, infatti, i volumi di mobilità “attiva” – cioè le prestazioni erogate a pazienti provenienti da altre Regioni, in primis la Calabria – superano complessivamente i 20 milioni di euro.
Tariffe ridotte in caso di sforamento
Per evitare spese fuori controllo, l’articolo 3 introduce un meccanismo di regressione tariffaria: se una delle due Regioni o le strutture sanitarie supera i volumi concordati, le tariffe di rimborso vengono automaticamente ridotte. Un modo per incentivare la programmazione e disincentivare l’eccesso di ricoveri o prestazioni non necessarie.
Una Commissione per controllare
Il controllo di ciò che si spende e si cura è affidato a una Commissione paritetica (articolo 4), composta da rappresentanti delle due Regioni e supportata da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La Commissione potrà esaminare le cartelle cliniche, valutare la qualità delle prestazioni e, nei casi dubbi, escludere dal rimborso gli interventi ritenuti inappropriati.
Parità di accesso e tempi uguali per tutti
L’articolo 5 tutela i cittadini, prevedendo che residenti e non residenti abbiano pari diritti nell’accesso alle cure e negli stessi tempi di attesa. Un principio di equità che punta a garantire cure uniformi, evitando disparità o favoritismi basati sulla provenienza geografica.
Stop alla “mobilità indotta” dei medici
Un altro punto innovativo è nell’articolo 6, che vieta ai medici delle due Regioni di svolgere attività libero-professionale – intramoenia o extramoenia – nella Regione “controparte”. L’obiettivo è evitare conflitti di interesse e limitare la cosiddetta “mobilità indotta”, ovvero quella generata da rapporti privati o professionali piuttosto che da reali necessità cliniche.
Monitoraggio costante
L’articolo 7 stabilisce un sistema di monitoraggio annuale dei flussi di pazienti e delle spese, con la possibilità di modificare tetti e procedure. Eventuali controversie saranno discusse direttamente in sede di Commissione paritetica, privilegiando il dialogo istituzionale e la collaborazione.
Un passo verso la sostenibilità
Infine, l’articolo 8 ribadisce i principi ispiratori dell’accordo: equità, trasparenza e sostenibilità. Per la Calabria, in particolare, si tratta di un passo importante verso il riequilibrio dei rapporti con le Regioni del Centro-Nord e verso una maggiore autosufficienza sanitaria. Un’intesa che, se ben applicata, potrebbe diventare un modello nazionale: meno sprechi, più trasparenza e, soprattutto, un diritto alla cura uguale per tutti.


