Un bunker sotterraneo, nascosto sotto una stalla in mezzo alla fitta vegetazione aspromontana, trasformato in una serra “indoor” di marijuana: è quanto hanno scoperto i carabinieri della Stazione di Platì, insieme ai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e del 14° Battaglione “Calabria”, nel corso di un servizio straordinario di controllo del territorio finalizzato al contrasto della produzione di sostanze stupefacenti. Padre e figlio, entrambi denunciati in stato di libertà, sono ritenuti responsabili di aver realizzato un vero e proprio laboratorio sotterraneo per la coltivazione di cannabis.
La perlustrazione
La perlustrazione
L’operazione è scattata dopo un’attenta attività di osservazione: i militari, durante una perlustrazione in area rurale, hanno notato un cavo elettrico che si perdeva tra gli alberi — un dettaglio anomalo che ha destato immediatamente sospetto. Seguendone il tracciato per centinaia di metri, i carabinieri sono giunti all’ingresso di un capanno agricolo apparentemente in disuso, ma al suo interno si celava ben altro.
Bunker sotterraneo
Spingendo un pannello basculante, azionato da un sistema di contrappesi nascosto alla vista, si apriva l’accesso a un vero e proprio bunker sotterraneo. All’interno, i militari hanno rinvenuto una piantagione di marijuana con piante alte tra i 70 e i 110 centimetri, illuminate e ventilate da un complesso impianto elettrico e di aerazione alimentato da un allaccio abusivo alla rete pubblica. Tutto era stato studiato nei minimi dettagli per garantire la crescita indisturbata delle piante, lontano da occhi indiscreti. L’intera struttura, realizzata abusivamente, rappresentava un sofisticato esempio di coltivazione illegale, con tanto di trasformatori, ventilatori e lampade per simulare le condizioni ideali di una serra professionale.
L’operazione si inserisce in una più ampia strategia di contrasto al narcotraffico portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Locri, impegnati costantemente nel monitoraggio delle aree più impervie dell’Aspromonte, dove la conoscenza del territorio e l’esperienza operativa dei militari restano un baluardo fondamentale contro l’illegalità. Si precisa che le persone coinvolte sono da ritenersi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto dei diritti dell’indagato e delle garanzie previste dal nostro ordinamento.


