’Ndrangheta nel Vibonese, revocati i domiciliari a Sante Mario Tripodi

La Prima Sezione Penale della Corte d’Appello di Catanzaro ha accolto l'istanza presentata dalla difesa

La Prima Sezione Penale della Corte d’Appello di Catanzaro – composta dalla presidente Loredana De Franco, dalla consigliera Ippolita Luzzo e dal consigliere relatore Michele Ciociola – ha disposto la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Sante Mario Tripodi, 52 anni, di Vibo.

L’ordinanza, emessa in camera di consiglio e datata 20 novembre 2025, giunge a seguito dell’istanza presentata dalla difesa il 17 novembre scorso. Tripodi era sottoposto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Vibo Valentia, frazione Porto Salvo, in relazione al procedimento penale Imponimento, successivamente riunito al maxiprocesso Rinascita-Scott. Nel testo, i giudici danno atto di aver letto l’istanza difensiva, acquisito il parere del procuratore generale e considerato le peculiari condizioni di salute dell’imputato.

L’ordinanza, emessa in camera di consiglio e datata 20 novembre 2025, giunge a seguito dell’istanza presentata dalla difesa il 17 novembre scorso. Tripodi era sottoposto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Vibo Valentia, frazione Porto Salvo, in relazione al procedimento penale Imponimento, successivamente riunito al maxiprocesso Rinascita-Scott. Nel testo, i giudici danno atto di aver letto l’istanza difensiva, acquisito il parere del procuratore generale e considerato le peculiari condizioni di salute dell’imputato.

Comportamento corretto

La Corte rileva inoltre che Tripodi è stato condannato in primo grado a 7 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a 9.000 euro di multa, per il reato contestato al capo 116 dell’imputazione. Tuttavia, il collegio sottolinea come l’applicazione della misura risalga al 15 luglio 2020: “quindi oltre 5 anni”. Un lungo periodo durante il quale, osservano i giudici, l’imputato ha mantenuto un comportamento corretto mentre era ristretto ai domiciliari. Alla luce del tempo trascorso e del comportamento serbato, la Corte ritiene che “le esigenze cautelari devono ritenersi venute meno”.

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