Sanità vibonese al capolinea: quindici anni di commissariamento, ospedali allo stremo e personale allo sfascio

Sinistra Italiana: sistema al collasso, cittadini abbandonati. Il Governo sblocchi assunzioni e rimuova gli ostacoli del Piano di rientro. Ora basta: serve una ribellione civile

La fotografia è dura, quasi brutale: la sanità vibonese non è più in affanno, è sull’orlo della crisi irreversibile. A denunciarlo, con un comunicato che non lascia spazio a interpretazioni, è Sinistra Italiana Vibo Valentia, per voce del segretario provinciale Fortunato Petrolo. Il quadro è quello di un territorio dove il personale medico lotta per condizioni minime di sicurezza e dignità, mentre i cittadini non riescono più a curarsi nelle strutture pubbliche. Chi può fugge verso altre regioni, alimentando la mobilità passiva; chi non può farlo resta intrappolato in un sistema che non riesce più a garantire neppure i servizi essenziali. «È un abbandono senza colpevoli», si legge nel documento.

Il crollo parte nel 2009

Il crollo parte nel 2009

Secondo Sinistra Italiana, il punto di rottura della sanità calabrese ha una data precisa: 2009, quando il Governo Berlusconi decise di commissariare l’intero sistema sanitario regionale per l’enorme debito accumulato. Da quel momento, la gestione passò al Ministero dell’Economia e della Salute, sotto la rigida cornice del Piano di rientro: tagli, blocco del turnover, chiusura di ospedali e reparti. Petrolo parla esplicitamente di «macelleria sociale»: diciotto ospedali chiusi, centinaia di posti letto cancellati, reparti smantellati, guardie mediche eliminate. Un processo che ha inciso pesantemente proprio su Vibo Valentia, “la provincia che più di tutte ha pagato il prezzo del commissariamento”.

Asp sciolta due volte per infiltrazioni mafiose

Il comunicato punta il dito anche sulla gestione locale. L’Asp di Vibo Valentia è stata sciolta due volte per infiltrazioni mafiose, nel 2010 e nel 2024. Ma, denuncia Sinistra Italiana, “il degrado non si è fermato”. Oggi gli ospedali di Tropea, Serra San Bruno e Vibo Valentia rischiano la paralisi totale per carenza di medici. Le ambulanze viaggiano spesso senza personale sanitario a bordo. E intanto – caso emblematico – un medico vincitore di concorso non viene ancora assunto dopo oltre un anno, mentre altre due aziende calabresi sono pronte a prenderlo immediatamente.

Il superamento del commissariamento

Durante la campagna elettorale regionale 2025, esponenti di più forze politiche avevano assicurato che il commissariamento e il Piano di rientro sarebbero stati superati. Ma a novembre 2025, in Consiglio regionale, il presidente Roberto Occhiuto ha frenato: “I tempi dipendono dagli uffici ministeriali, che non hanno ancora concluso l’esame della proposta di Piano di rientro”. Sinistra Italiana interpreta così la dichiarazione: “Se ne riparlerà nel 2027, forse dopo le prossime elezioni politiche”. Un rinvio giudicato inaccettabile.

Invito a ribellarsi

Il passaggio più forte del comunicato è un appello diretto alla popolazione: “I cittadini devono prendere coscienza dell’intollerabile degrado sanitario e ribellarsi. Non servono più proclami, servono azioni concrete per ripristinare le regole democratiche e garantire il diritto alla salute nella nostra provincia”. Un invito che suona come la richiesta di una mobilitazione civile contro un sistema che – dice Petrolo – “lascia morire la sanità pubblica”.

La richiesta al Parlamento

Sinistra Italiana annuncia inoltre di aver chiesto al proprio gruppo parlamentare di predisporre un’interrogazione ai ministri dell’Interno, dell’Economia e della Salute. L’obiettivo: chiarire lo stato del commissariamento dell’Asp di Vibo; rimuovere gli ostacoli imposti dal Piano di rientro; autorizzare lo sblocco immediato delle assunzioni di medici, paramedici e infermieri; riaprire reparti e servizi chiusi; garantire medici sulle ambulanze; ricostruire la rete specialistica territoriale. Un elenco che sembra la cartella clinica di un sistema ospedaliero allo stremo: “La sanità vibonese è oltre il limite. Ora servono risposte, non più giustificazioni”.

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