Corruzione, la Calabria tra i fronti più critici: l’allarme di Libera sui 141 indagati del 2025

Nel quadro tracciato dall'associazione, la regione si conferma uno dei territori più vulnerabili ai meccanismi corruttivi, con dinamiche che intrecciano potere locale, fragilità amministrative e capacità di pressione dei gruppi criminali

Libera presenta una nuova, allarmante istantanea dello stato della corruzione nel Paese: un anno, il 2025, segnato da un’escalation senza precedenti. Dal 1° gennaio al 1° dicembre, infatti, sono 96 le inchieste su corruzione e concussione censite attraverso le notizie di stampa: una media di otto indagini al mese, contro le 48 rilevate nel 2024. Sono 49 le procure che si sono attivate, distribuite in 16 regioni, mentre il numero delle persone indagate raggiunge quota 1028, quasi il doppio rispetto alle 588 dell’anno precedente.

Libera presenta una nuova, allarmante istantanea dello stato della corruzione nel Paese: un anno, il 2025, segnato da un’escalation senza precedenti. Dal 1° gennaio al 1° dicembre, infatti, sono 96 le inchieste su corruzione e concussione censite attraverso le notizie di stampa: una media di otto indagini al mese, contro le 48 rilevate nel 2024. Sono 49 le procure che si sono attivate, distribuite in 16 regioni, mentre il numero delle persone indagate raggiunge quota 1028, quasi il doppio rispetto alle 588 dell’anno precedente.

Le regioni meridionali, comprese le isole, “primeggiano” per numero di indagini con 48 procedimenti, seguite dal Centro (25) e dal Nord (23). Sul fronte delle inchieste, la Campania guida la classifica con 18 procedimenti, seguita dal Lazio (12) e dalla Sicilia (11). La Lombardia, con 10 inchieste, è la prima regione del Nord.

La mappa

Se si considera il numero degli indagati, la mappa cambia ma la gravità resta invariata:

– Campania: 219 indagati

– Calabria: 141

– Puglia: 110

– Sicilia: 98

– Liguria: 82 (prima regione del Nord)

-Piemonte: 80

Le varie forme

Un quadro che conferma come la corruzione continui a espandersi in forme molteplici: dalle false attestazioni di residenza per ottenere la cittadinanza iure sanguinis ai falsi certificati di morte, dalle mazzette per appalti sanitari, rifiuti, opere pubbliche, edilizia e servizi di refezione scolastica, fino ai favori per concorsi universitari truccati, agli episodi di scambio politico-elettorale e agli affari collegati alle grandi opere con presenza di clan mafiosi.

Nel corso del 2025 la mappa dell’illegalità tocca ogni angolo del Paese: da Torino a Milano, da Bari a Palermo, da Genova a Roma, passando per centri più piccoli come Latina, Prato, Avellino e i territori del salernitano. Emergono sistemi criminali radicati, che coinvolgono amministratori, politici, funzionari pubblici, imprenditori, manager, professionisti e mafiosi.

Dall’analisi, ancora non definitiva, emerge una corruzione “solidamente regolata”, spesso sistematica e organizzata, in cui i ruoli di garanzia delle “regole del gioco” sono ricoperti da figure differenti: dall’alto dirigente al faccendiere, dal “boss dell’ente pubblico” all’imprenditore dai contatti trasversali, dal mafioso al “politico d’affari”.

In totale, sono 53 i politici indagati, pari al 5,5% del totale, tra cui 24 sindaci. I numeri più alti in Campania e Puglia (13 politici indagati ciascuna), seguite dalla Sicilia (8) e dalla Lombardia (6).

“La corruzione è un sistema”

“Si tratta di un quadro sicuramente parziale, per quanto significativo, di una realtà più ampia e sfuggente”, afferma Libera. Una realtà in cui la corruzione sembra sempre più percepita come componente normale e accettabile della carriera politica e imprenditoriale, una strategia ‘vincente’ che favorisce i disonesti, genera una “selezione dei peggiori” e degrada in silenzio la qualità della vita, dei servizi pubblici e della stessa democrazia. Il processo di normalizzazione induce rassegnazione: “Troppi cittadini finiscono per considerare corruzione e mafie come fenomeni invincibili, quando non è così”. A prosperare, oggi, è la complicità dell’indifferenza.

Le parole di Francesca Rispoli

Per Francesca Rispoli, copresidente nazionale di Libera, i dati “parlano con chiarezza: la corruzione non è un’eccezione, ma un sistema che si manifesta in forme diverse e sempre più sofisticate”. Accanto alle pratiche tradizionali – mazzette, appalti truccati, concorsi pilotati – esistono forme ormai “quasi legalizzate”, frutto di una cattura dello Stato operata da élite impunite: leggi costruite su misura, conflitti di interesse tollerati, relazioni opache tra decisori pubblici e interessi privati. “Non basta invocare pene più severe. Occorre un nuovo patto tra istituzioni responsabili e cittadinanza attiva», afferma Rispoli, indicando due direttrici: istituzioni che rafforzino i presidi anticorruzione, anziché indebolirli; cittadini che sviluppino la cultura della segnalazione, del monitoraggio civico, della difesa dei beni comuni. La corruzione sistemica non è un destino: è il risultato di scelte, connivenze e omissioni. È ancora possibile scegliere l’integrità, la trasparenza, la giustizia sociale”.

La Calabria e l’allarme ‘ndrangheta

“I dati calabresi devono rappresentare un forte campanello d’allarme”, sottolinea Giuseppe Borrello, referente regionale di Libera Calabria. “Qui la corruzione è lo strumento privilegiato della ‘ndrangheta, che – grazie a enormi capitali – riesce a infiltrarsi ovunque, condizionando la vita politica, economica e sociale anche oltre i confini regionali. La parte più preoccupante riguarda i costi indiretti: inefficienze e disservizi che si abbattono sui cittadini, già esposti alle fragilità dei sistemi economico, sanitario e infrastrutturale. Quando a essere coinvolti sono rappresentanti delle istituzioni, l’impatto ricade direttamente sulla credibilità politica”.

Fame di verità e giustizia

Di fronte a fenomeni che negano diritti fondamentali e dopo anni di progressivo indebolimento dei presidi anticorruzione, la piattaforma nazionale “Fame di verità e giustizia”, attiva da maggio in un viaggio da Nord a Sud, propone una nuova agenda per la lotta alla corruzione.

Tra le misure indicate: una regolazione stringente dei conflitti di interesse, ancora più urgente dopo l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio; una normativa efficace sul lobbying, garantendo trasparenza e riconoscibilità degli attori coinvolti; poteri rafforzati per il controllo dei finanziamenti privati ad associazioni politiche e campagne elettorali, con un registro elettronico dedicato; formazione universitaria e professionale su etica pubblica e anticorruzione, per costruire barriere morali nella futura classe dirigente; trasparenza amministrativa reale, intesa come piena accessibilità delle informazioni per comunità monitoranti; promozione del whistleblowing, nel settore pubblico e privato.

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