E’ uno degli omicidi eccellenti sul quale per decenni ogni ipotesi accusatoria non aveva mai trovato i necessari riscontri. E’ stato solo grazie all’inchiesta Rinascita Scott che i magistrati della Distrettuale antimafia di Catanzaro hanno potuto aggiungere quei tasselli che mancavano per arrivare a stringere il cerchio sui responsabili del delitto del geologo vibonese Filippo Piccione, il cui omicidio è avvenuto il 21 febbraio 1993. L’uomo è stato ucciso nei pressi della sua abitazione, a due passi dalla centralissima piazza Municipio.
Per quel fatto di sangue sono finiti sotto processo a distanza di tantissimi anni Salvatore Lo Bianco, 51 anni, (alias U gniccu) difeso dagli avvocati Enzo Gennaro e Giuseppe Orecchio e Rosario Lo Bianco, 55 anni, (genero del boss Carmelo Lo Bianco deceduto qualche anno addietro) difeso dall’avvocato Patrizio Cuppari, mentre le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Francesco Gambardella e Danilo Iannello.
Il processo che è alle battute finali davanti ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro ha visto la pubblica accusa rappresentata dal pm Calcagno arrivare a concludere con richieste di condanna all’ergastolo per entrambi gli imputati. La decisione della Corte dopo le arringhe delle difese in programma per l’11 luglio.
Dalla ricostruzione di quell’efferato omicidio emerge che Piccione era stato ucciso da due persone mascherate. Secondo quanto accertato durante le indagini, puntellate anche dalle dichiarazioni del pentito Andre Mantella, a ordinare il delitto sarebbe stata la cosca Lo Bianco per vendicare la morte di Leoluca Lo Bianco che era stato colpito a morte in un terreno di Piccione, ma non per mano dell’imprenditore.