A Lamezia vince il cavallo scosso del centrodestra

Non scatta l’“effetto Principe” visto a Rende. I lametini, infatti, decidono di non seguire una candidatura nata nei salotti della politica

Il primo turno delle elezioni amministrative a Lamezia Terme sono paragonabili al Palio di Siena. Nel Palio dell’Assunta del 2023 vinse  il cavallo “Zio Frac”, che aveva disarcionato  all’ultima curva il fantino Carlo Sanna, detto Brigante. Da qui la definizione di cavallo scosso. A Lamezia Terme è andata proprio così. Le liste del centrodestra raggiungono il 52% dei consensi e si perdono per strada il candidato a sindaco Murone che arriva al 44%, perdendo un 2300 voti rispetto alle liste.

L’amara sorpresa

Tutti si aspettavano che il voto disgunto avrebbe favorito la candidata del centro sinistra Doris Lo Moro. Invece anche qui amara sorpresa: la candidata scesa in campo per far rialzare la testa a Lamezia Terme non ha ricevuto i consensi che tutti le attribuivano. Lo Moro prende il 31,77% dei voti, mentre la sua debolissima coalizione  la supera in percentuale arrivando al 32,39 e in termini numerici Lo Moro prende 172 voti in più delle sue liste. Lei prende 11,276 voti e la sua coalizione 11.104.

Vittoria morale

Il vincitore morale del primo turno è certamente il terzo candidato Gianpaolo Bevilacqua, che arriva a 8585 con il 24,19%, mentre le sue liste prendono 5.264 voti con il 15,36%. Bevilacqua prende 3,321 voti in più rispetto alle sue liste. Che non fosse un fesso lo si era capito anche nel servizio di Diego Bianchi a Propaganda live in cui è stato l’unico a farsi riprendere nei quartieri. Era, se non sbaglio, a San Teodoro, e ad accendere i riflettori sul recupero del Castello di Lamezia Terme. Gli altri candidati invece sempre al chiuso, nelle proprie sedi elettorali, o in incontri promossi  da qualche associazione o sindacato a parlarsi tra di loro. I giornaloni che hanno tirato la campagna elettorale a Lo Moro, invece di esaminare il risultato deludente   conseguito al primo turno, parlano del prossimo ballottaggio. Lo Moro, nelle prime interviste, ha dichiarato che vuole capire per ogni singolo candidato chi ha tirato e chi invece è stato tirato. Forse farebbe bene ad analizzare il dato del perchè la sua candidatura non ha tirato. Ora tutto può succedere tra 13 giorni. Può essere anche che Lo Moro riesca a recuperare e a invertire il risultato. Certamente, il centrodestra, se vuole avere un suo sindaco,  deve cercare di risvegliare Mario Murone, che sarà anche un grande penalista, ma in politica è proprio muscio. Sarà difficile che al ballottaggio vinca ancora una volta il cavallo scosso. Può anche essere che l’atteggiamento pacifico e bonario di Mario Murone alla fine la spunti sull’asprezza e la combattività di Lo Moro, vedremo. Quello che è sicuro è che il popolo a Lamezia Terme non si è mobilitato a favore di Lo Moro memore dei suoi quasi dieci anni di amministrazione.

Per Principe è stata un’altra cosa

Verso Lo Moro non è scattato lo stesso meccanismo che ha portato Sandro Principe a trionfare al primo turno a Rende. Sandro Principe è stato eletto per la sua battaglia contro l’accorpamento di Cosenza, Rende, Castrolibero. Ma non solo questo: rispetto ai fallimenti dell’era Manno la gente ha rivalutato la sua esperienza amministrativa. E di fronte anche a un rinnovamento debole e non credibile come quello proposto  dal M5S, si è rivolto  all’esperienza di Sandro Principe. Lo stesso è avvenuto a Paola con Perrotta e a Cetraro con Giuseppe Aieta. La prova dell’insipienza del gruppo dirigente cinque stelle è data proprio dal non essersi schierati nel referendum sull’unificazione delle tre città. E  il gruppo dirigente dei cinque stelle dovrebbe ringraziare Rossella Gallo che ha fatto una campagna dignitosa raggiungendo il 5%. La stampa ci aveva garantito che per Lo Moro sarebbe stato un successone. Invece l’effetto Principe a Lamezia Terme non è scattato. E non ci voleva la zingara per capire tutto ciò. 

Bastava andare a leggere i commenti sui siti lametini a ogni post che parlasse di Lo Moro. La critica più devastante è stata quella di essersi dimenticata di Lamezia Terme per anni e anni, il bentornata detto a sfottò, per arrivare alla sua gestione della sanità come assessora regionale, la vicenda dell’Asp di Lamezia, per finire all’epilogo della sua esperienza amministrativa conclusasi con qualche anno di anticipo.

Solo Riccardo Tucci, del M5S, poteva scendere in campo a difesa di quell’esperienza. L’esperienza della candidatura di Lo Moro dimostra il distacco tra il popolo e le forze di centrosinistra e anche del M5S. Sarà interessante leggere i dati nelle varie realtà lametine per vedere se Lo Moro è stata una candidata riconosciuta  solo su Corso Numistrano e il centro, la cosiddetta Ztl di Lamezia terme.

La cordata

La sua candidatura nasce dai gruppi ristretti della politica lametina. Si è formata una cordata che va dal gruppo dirigente del Pd, a partire dall’ex segretario Gennarino Masi, fino a Giampà. Poi, nel momento che si prospettava una soluzione di rinnovamento, è arrivato l’appoggio di Fernando Pignataro  a nome della sinistra che poi non ha avuto nemmeno la forza di fare una lista. E infine il voltafaccia di Anna Lauro Orrico del M5S, che da un’avversione alla candidatura Lo Moro passa al sostegno pieno ed entusiastico portanto perfino Giuseppe  Conte a fare la cazzata di arrivare a Lamezia in sostegno della Lo Moro. 

Il risultato è  stato di prendere un 3% che è ancora peggio del 4,6% del 2019. Bravi, bene, bis. Se Lo Moro dovesse vincere il ballottaggio (cosa possibile) non sarà mai una vittoria di popolo come quella di Sandro Principe a Rende.

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