Nuovi collezionisti avanzano. Sulle coste calabresi rubano pure l’acqua inquinata. Verrebbe da pensare che, o siamo alla disperazione, o c’è qualcuno che fa la raccolta di colibatteri come fossero francobolli. Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, l’ha presa sul serio: “I criminali uccidono l’ambiente, ma non ci fermeranno”. Questo il senso delle sue parole dopo il furto dei campioni d’acqua effettuato stamane nella zona Angitola di Pizzo Calabro. Non ci sarebbe certo da meravigliarsi se fra qualche giorno prenderà contromisure, magari affidando analisi e prelievi di acqua ad altre aziende (più affidabili di Arpacal!?).
Cose magiche
In Calabria succedono cose magiche: rubano persino le provette d’acqua destinate al laboratorio. Ciò accade persino sotto gli occhi degli stessi tecnici. I prelievi non evaporano, non si asciugano al sole, ma li rubano! In piena stagione balneare, qualcuno ha pensato di mettere in atto un furto degno di un film di spionaggio: ‘Missione improbabile – Operazione fognatura’. E come reagiscono Arpacal e il presidente Roberto Occhiuto? Con un’azione di vittimismo che sminuisce persino la gravità dell’episodio: “Quanto accaduto al personale tecnico di Arpacal e Calabria Verde – ha detto Occhiuto – è grave e inquietante. Non è soltanto un atto doloso e criminale, ma un attacco diretto alla tutela dell’ambiente e alla salute dei cittadini calabresi. Le attività sul mare, sui laghi e sui fiumi continueranno”.
Un film comico
Dichiarazioni che rendono il film ancora più comico, perché il caso è stato affidato ai social, mentre ci sarebbe da arrossire, da vergognarsi un po’. Perché il furtarello dall’auto dell’Arpacal (Panda bianca) è stato fatto in pieno giorno e per giunta a due passi dagli stessi operatori dell’Arpacal. Verrebbe veramente da chiedersi se questo è il livello di serietà di un ente che dovrebbe vigilare sulla salute dei cittadini e sulla balneabilità delle acque. In piena stagione turistica, con migliaia di persone che si riversano sulle spiagge, non ci si rende conto che quelle provette sono prove scientifiche; estratte dalle acque dell’Angitola, dove è ben noto – forse anche documentato – il colore verde del mare che, ogni anno, riemerge come un incubo. E allora, anziché rafforzare i controlli, garantire trasparenza e tutelare la salute pubblica, si lascia tutto al caso, all’incuria, alla superficialità.
Normalità apparente
E non vorremmo certo pensare alla paura di dire la verità. Anche se l’impressione che si coglie, non certo da oggi, è che sulle cause dei problemi del nostro mare qualcuno non voglia veramente conoscere la verità. Il furto potrebbe essere anche un modo come un altro per ritardare risultati, insabbiare dati scomodi, rallentare indagini, lasciare tutto in una zona grigia utile solo a mantenere l’apparenza di normalità. Ma se le cose stanno così, allora appare chiaro che qui non c’è nulla di normale. La stagione balneare è partita alla cieca (per qualcuno potrebbe non essere così), senza controlli a tappeto e con un’agenzia ambientale che si comporta quasi da burocrate ferito, e non da sentinella del territorio.