Arriva, puntuale e pungente, la replica di Alessandro Caruso Frezza, vicepresidente di ‘Italia Nostra’, alle ‘stilettate’ che Gianpiero Menniti, esponente di ‘Progetto Vibo’, nei giorni scorsi, ha provato a inferirgli ‘svalutando’, con evidente ironia, l’importanza delle basole di via Gagliardi. Una replica, tutto sommato, dai toni quasi contenuti, ma che, comunque, prova ad andare oltre quel “dileggio gratuitamente livoroso” che, a parere di Caruso Frezza, “dequalifica, di per se stesso, solo chi ad esso per primo vi ricorre”.
Voli pindarici
Voli pindarici
Fatta questa premessa, “Non è certo colpa mia – afferma il vicepresidente di ‘Italia Nostra’ – che l’indubbiamente colto signor e dottor Menniti sia stato a sua volta ‘colto nel pieno della ignoranza’, ovviamente ‘ignoranza’ in relazione alla specificità delle problematiche trattate (l’abbattimento dei pini di piazza Salvemini e lo svellimento distruttivo delle pavimentazioni storiche di via Enrico Gagliardi e di Via Luigi Razza). Era ed è a quelle problematiche specifiche e concrete – prosegue – che bisognava rapportare il proprio sapere ed acume intellettivo, onde evitare quei ‘voli pindarici’ di sterile intellettualismo che pure il signor e dottor Menniti ha dimostrato di saper compiere con dovizia di particolari.”.
Il ruolo di Rotiroti
E Caruso Frezza spiega anche che ‘l’ignorante’, sempre nel senso letterale della parola, nell’avallare l’abbattimento dei pini di via Salvemini, ignorava, cioè, non sapeva “che il dott. Luca Rotiroti, che ne decretò quella morte, aveva l’obbligo, per contratto stipulato con il Comune di Vibo Valentia e per l’importo di € 14.000, soldi di noi cittadini, di non limitarsi alla sola ‘Analisi visiva’, ma di effettuare prove specifiche strumentali di trazione statica con il sistema ‘pulling test’, ma che quella verifica strumentale non aveva fatto su nessuno dei 18 pini di piazza Salvemini, ciò nonostante decretandone ugualmente la necessità e/o l’opportunità dell’abbattimento, ciò in violazione anche di quella stessa deontologia professionale che l’ordine di appartenenza gli imponeva”.
Muretti a secco
Peraltro, “Non sapeva, cioè ‘ignorava’, il signor e dottor Menniti, quando si è profuso nella negazione del valore delle pavimentazioni di Via Luigi Razza e di Via Enrico Gagliardi, che la stessa Soprintendenza aveva qualificato quelle vie come ‘beni monumentali’ e come ‘beni di interesse storico ed artistico’, pur dando prescrizioni che vanno in direzione contraria alla loro tutela e conservazione. Non sapeva – continua Caruso Frezza – o meglio ha continuato a non volerlo sapere, cioè ad ‘ignorarlo’, che l’Unesco ha inserito fra i beni espressione di ‘valore immateriale culturale’ e come ‘patrimonio dell’umanità’, fin dal 30 novembre 2018, l’Arte dei muretti a secco”, ben nota nelle comunità rurali e nel settore edile. Stante l’importanza dell’Arte dei muretti, Caruso Frezza coglie l’occasione per fa sapere al ‘signor e dottor Menniti’, che “auspicare l’individuazione e la conservazione di un pari valore ‘nell’Arte delle pavimentazioni a secco’, come avente espressione storica anche su via Enrico Gagliardi e su via Luigi Razza, è obiettivamente una prospettiva di valorizzazione di tali beni culturali e dell’intera città di Vibo Valentia, non un salto circense da circo Barnum o un volo pindarico Mennitiano”.
Il ‘suggerimento’
Poi, l’ultimo ‘suggerimento’. “Spero – conclude l’avv. Caruso Frezza – che il signor e dottor Menniti fermi, a sua volta, il proprio eloquio, soprattutto per decoro della propria immagine, piuttosto che per la mia e per quella di Italia Nostra e di tutti noi molti cittadini, il cui decoro rimane affidato ai fatti (piuttosto che alle mere parole), che si cerca di realizzare e al forte senso civico che anima ogni azione e manifestazione di intenti”.