Cocaina per 18 milioni di euro: la Calabria al centro del nuovo asse del narcotraffico tra Milano, Napoli e il Sudamerica

Dalla Locride ai quartieri del Nord Europa, un’indagine della Dda di Milano svela l’alleanza tra ’ndrangheta e camorra: quindici arresti, rotte internazionali e un sistema di comunicazioni criptate che muovevano tonnellate di droga e denaro “invisibile”

La Calabria, ancora una volta, è il cuore pulsante di un impero criminale che parla molte lingue, attraversa oceani e muove milioni di euro in cocaina. Un’operazione della Dda di Milano, condotta dai finanzieri del Comando provinciale e dal Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, ha smascherato un colossale traffico di droga dal Sudamerica, capace di movimentare – in poco più di un anno – stupefacenti per un valore stimato in oltre 18 milioni di euro.

Quindici persone coinvolte

Quindici persone coinvolte

Quindici le persone raggiunte da misure cautelari: dodici in carcere, tre ai domiciliari. Tutti accusati di far parte di un’“associazione criminale armata” riconducibile alla ’ndrangheta della Locride, in stretto contatto con un clan della camorra napoletana satellite dei Di Lauro. Un asse silenzioso, potente e rodato, che unisce la Lombardia e la Calabria in un’unica rete di affari illeciti, collegata ai cartelli sudamericani e alle piazze di spaccio del Nord Europa.

Rete criminale transnazionale

Secondo il procuratore di Milano, Marcello Viola, l’inchiesta ha portato alla luce “una rete criminale sofisticata e transnazionale”, in grado di sfruttare sistemi di messaggistica criptata e canali di compensazione finanziaria informale, come il cosiddetto fei ch’ien, per regolare i pagamenti senza lasciare tracce nei circuiti bancari. In pratica, una finanza parallela che muoveva valori enormi con un clic, alimentando un’economia sommersa che parte dai porti del Sudamerica e si chiude nelle casseforti europee.

Migliaia le intercettazioni

Determinante, spiegano gli inquirenti, l’acquisizione di migliaia di conversazioni intercettate e decifrate grazie alla collaborazione con Europol e all’emissione di Ordini Europei d’Indagine. Un lavoro paziente, durato mesi, che ha permesso di ricostruire i passaggi della cocaina, i pagamenti e le relazioni tra i vari gruppi. Le indagini coordinate dal pm Gianluca Prisco hanno evidenziato un intreccio ormai consolidato tra le ’ndrine Papalia-Carciuto, Marando-Trimboli e Barbaro “U Castanu”, protagoniste storiche del narcotraffico calabrese, e una cellula camorristica legata ai Di Lauro di Napoli. Due mondi criminali diversi, ma uniti dalla stessa logica: il business della polvere bianca, l’unico vero linguaggio universale delle mafie.

Una vera filiera mafiosa

“Ogni componente del gruppo – si legge negli atti – ricopriva un ruolo cruciale, non solo all’interno della rete, ma anche in altre consorterie criminali dedite al narcotraffico internazionale”. Una filiera mafiosa integrata, con ruoli ben distinti e professionalità criminali di altissimo livello: chi gestiva i contatti con i fornitori sudamericani, chi curava la logistica tra porti e hub europei, chi reinvestiva i proventi in attività lecite, riciclando milioni. Le perquisizioni, ancora in corso tra le province di Milano, Pavia e Reggio Calabria, vedono impegnate anche unità cinofile “cashdog” e antidroga, a caccia di denaro nascosto e depositi di sostanze stupefacenti. Un colpo importante, ma non definitivo, a una struttura che conferma ancora una volta la centralità della Calabria nel narcotraffico mondiale: la regione che dà le radici alla ’ndrangheta continua a dettare le regole di un mercato che non conosce confini.

Dalla Locride ai cantieri del Nord

La geografia della cocaina passa da qui – dalle colline della Locride ai cantieri del Nord, dai moli sudamericani alle casseforti europee – in un continuo gioco di potere e silenzio. E mentre la giustizia prova a inseguirla, la Calabria resta, suo malgrado, la matrice più autorevole di un sistema criminale che continua a reinventarsi senza mai cambiare volto.

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