Commissari nei Comuni, fragilità della politica o fallimento dello Stato?

Sul gradino più alto la Calabria con 135 Comuni (dal 1991 ad oggi) sciolti per infiltrazioni mafiose. Il ministro Piantedosi attribuisce responsabilità ai territori incapaci di reagire

   Ormai è una moda inarrestabile. In tutta la Calabria proliferano i commissariamenti. Da Nocara, comune del Cosentino con poco più di trecento abitanti sito nel punto più a Nord della Regione, sino a Melito Porto Salvo, comune del Reggino posto nel punto più a Sud, le triadi commissariali imperversano in lungo e in largo. Difficile trovare un settore che sia immune da una tendenza ormai fuori controllo. In testa, probabilmente, è la Regione che fa piovere commissari nelle aziende sanitarie e ospedaliere, nei Comuni, nelle società in house e in altri settori. Non sono da meno il ministero dell’Interno costantemente alle prese col nodo delle commissioni straordinarie da inviare nei Comuni in cui le commissioni d’accesso che le hanno precedute hanno accertato condizionamenti e infiltrazioni della criminalità organizzata. Un commissariamento, insomma, non si nega a nessuno. Nemmeno nei partiti politici,  negli enti più piccoli, nelle associazioni. Un trend che non si ferma, nonostante i risultati quasi sempre non siano esaltanti. 

Stringendo il campo al Vibonese – a parte l’Asp, che, attualmente, gode addirittura della presenza di una doppia squadra commissariale (il generale Antonio Battistini, nominato commissario straordinario dal governatore Occhiuto, e la commissione d’accesso agli atti inviata dal prefetto Giovanni Paolo Grieco) –  piovono cast commissariali in una caterva di Comuni.

Stringendo il campo al Vibonese – a parte l’Asp, che, attualmente, gode addirittura della presenza di una doppia squadra commissariale (il generale Antonio Battistini, nominato commissario straordinario dal governatore Occhiuto, e la commissione d’accesso agli atti inviata dal prefetto Giovanni Paolo Grieco) –  piovono cast commissariali in una caterva di Comuni.

Tanta intensità operativa non si registrava dai tempi del prefetto Giovanni Bruno allorchè, nel volgere di 29 mesi, venivano sciolti i consigli comunali di Joppolo (7.2.2014), Ricadi (11.2.2014) e Nardodipace (7.12.2015). Poi, gli strali dei Prefetti succedutisi nel tempo si sono diradati tanto da far maturare l’idea che l’arma dello scioglimento dei civici consessi per combattere infiltrazioni e condizionamenti mafiosi stesse per finire fuori moda. Negli ultimi sette anni, in effetti, s’è viaggiato con una media di uno scioglimento per anno. Quando, però, ci si era convinti che la situazione fosse destinata a migliorare anche per il susseguirsi di operazioni a tutto campo da parte di magistratura e forze dell’ordine, la musica è improvvisamente cambiata. A usare spartiti diversi è il prefetto in carica, Giovanni Paolo Grieco.

Una montagna di fascicoli

Nello scorso mese di marzo, al momento del suo insediamento, evidentemente, sulla sua scrivania ha trovato in giacenza tanti fascicoli in attesa di essere evasi.  E così, nel volgere di poco tempo, al già disciolto Comune di Soriano avvenuto con prefetto Roberta Lulli (17.6.2022), si sono aggiunti quello di Acquaro (18.7.2023) e quello di Capistrano (16.10.2023), le cui commissioni d’accesso, però, risalgono sempre alla Lulli. Il responsabile dell’Utg vibonese, probabilmente, ha deciso di dare corpo anche al proprio lavoro. In meno di un mese le commissioni d’accesso si sono presentate nei Comuni di Stefanaconi (19.9.23), Nicotera (5.10.23),  Tropea (16.10.2023), Mileto (11.12.2023) e Filadelfia (15.2.2024).

Tra un Comune e l’altro, il 22 novembre 2023, s’è trovato anche lo spazio per inviare la commissione d’accesso all’Asp (Orazio Marini, vicario Questura Vibo – ten. col. Alessandro Corda, Comando provinciale Carabinieri Vibo, e ten. col. GdF, Giuseppe Froio). Tutto sommato, a oggi, nel Vibonese, oltre all’Asp,  ci sono tre Comuni sciolti per mafia e altri cinque alle prese con le commissioni d’accesso. Visto la velocità con cui procede, il treno dei commissariamenti potrebbe non fermarsi anche perché da tempo si vocifera di altri  enti comunali a rischio. Per certo, intanto, le commissioni d’accesso inviate a Stefanaconi, Nicotera e Tropea hanno già chiesto e ottenuto la proroga del loro incarico per altri novanta giorni. Con ogni probabilità, sarà la stessa cosa per l’Asp e per i Comuni di Mileto e Filadelfia.

Stando così le cose, nella mani del prefetto Grieco sta per finire una patata bollente non facile da pelare: Nicotera, Tropea e Mileto dovranno rinnovare, nella prossima primavera, i propri consigli comunali. Se l’iter dei commissariamenti non dovesse concludersi per tempo, saranno egualmente convocati i comizi elettorali, ma sulle elezioni e sugli eventuali risultati – ammesso che qualcuno abbia il coraggio di presentare liste – penderebbe il rischio di possibili scioglimenti. Un bel pastrocchio che  potrebbe anche essere evitato, ma solo nel caso in cui le commissioni non dovessero utilizzare tutto il tempo a loro disposizione. Il prefetto Grieco, naturalmente, si sta muovendo nel solco della piena legittimità e non potrebbe essere diversamente. Peraltro, tutto quello che può contribuire a migliorare la qualità della vita sul territorio provinciale va fatto senza tentennamenti.

Sotto la lente Tropea e Nicotera

Resta, forse, il nodo del personale da utilizzare nelle commissioni che di certo non abbonda. Al momento gran parte del lavoro sembrerebbe gravare sulle spalle del viceprefetto vicario Roberto Micucci, che, oltre ad essere a capo della commissione d’accesso  a Nicotera, dove peraltro ci arriva per la seconda volta consecutiva, si deve far carico anche delle commissioni d’accesso di Tropea e Mileto.  I dubbi, tuttavia, sono anche altri. La provincia di Vibo “vanta” in 28 anni di vita, 17 prefetti e 24 scioglimenti di consigli comunali di cui uno annullato (Joppolo, 7.2.2014). La situazione nei Comuni, però, non pare sia cambiata. Tutt’altro. Eclatante il caso di Nicotera. Quattro commissioni d’accesso consecutive, di cui tre già sfociate nello scioglimento dell’Ente, e la quarta in azione dallo scorso ottobre con il rischio di una quarta debacle comunale alle porte. Se così fosse, Nicotera diventerebbe il comune italiano con più scioglimenti consecutivi. Appunto, quattro a  partire dal 2005. Con quattro scioglimenti viaggia anche il comune di Marano, in provincia di Napoli, che, però, li ha realizzati dal 1991 in poi.

Evidentemente, gli strumenti per combattere infiltrazioni e condizionamenti mancano della necessaria efficacia. Il sistema andrebbe rivisitato e corretto. A cominciare dalla stabilità dei prefetti. A Vibo, diciassette in 28 anni sono tanti. Una media di poco più di un anno a testa. Uno, addirittura, è rimasto in carica per un solo mese (Francesca Ferrandino, dal 3.5.2019 al 3.6.2019).   Le proposte di legge depositate nei due rami del parlamento sono numerose. Una è stata depositata anche dal deputato in carica Giuseppe Mangialavori. Nessuna va avanti. Cui prodest? 

L’assenza della politica

La sensazione è che la politica non abbia né voglia né interesse a modificare un sistema che, ad oltre trent’anni dalla sua istituzione dopo i fatti di Taurianova (decreto legge 31 maggio 1991, n.164, poi convertito nella legge 22 luglio 1991, n. 221), non pare abbia prodotto cambiamenti significativi nella gestione degli Enti.  I commissariamenti si susseguono dappertutto. In 78 comuni l’esperienza è stata vissuta più volte. Tutto inutile, tutto resta come prima. Non c’è mai un dibattito, non si alza mai il sipario sull’operato delle commissioni d’accesso né su quello delle commissioni straordinarie. Spesso i commissari straordinari annaspano alle prese con materie non di loro competenza e, comunque, la macchina amministrativa non subisce mai le modifiche necessarie. A conclusione del mandato delle triadi straordinarie, nessuno si chiede se le  stesse abbiano operato bene o male, se siano stati rimossi o meno i motivi posti a base del loro insediamento. In simile contesto, rimbomba il silenzio della politica. Parlamentari, consiglieri regionali, segretari di partito, faticano ad esprimere una qualsiasi opinione abbandonando al loro destino i propri “protetti”.  Succede da sempre, succederà ancora oggi. Nel Vibonese, dopo l’attuale pioggia di commissariamenti, non s’è levata la voce di un politico, di un  segretario di partito o del responsabile di un sindacato. Perchè? Cosa li condiziona? Eppure intervenire sarebbe un loro preciso compito! E’ probabile che a scoraggiare prese di posizione da parte dei politici concorra il timore di essere subito etichettati come “nemici” dello Stato.

 Alla resa dei conti, scontato il “castigo”, scontato il commissariamento, che vede per lo più cittadinanza, partiti e associazioni del tutto lontani dal loro ruolo di controllo, si torna alle urne come se nulla fosse accaduto. Nel mettere in piedi le liste, si parla poco o niente di programmi, capacità progettuale, omogeneità politica, competenze. Si bada solo e soltanto a varare squadre  per vincere, ma non per amministrare. Dall’alto si torna a vigilare aspettando l’occasione buona per ripiombare sulle consapevoli o inconsapevoli “prede”. E si riparte coi commissariamenti. Quousque tandem?

Un record per la Calabria

Dal 1991 ad oggi sono stati sciolti in Italia,  per condizionamenti o infiltrazioni della criminalità organizzata, poco meno di quattrocento Comuni.  Sul gradino più alto del podio c’è la Calabria con 135. Il Vibonese in tutto questo non gioca un ruolo secondario. Recentemente il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha attribuito la causa dei pluriscioglimenti nello stesso Comune <alla difficoltà dei territori a reagire>. E’, quindi, colpa solo dei cittadini. E ti pareva! Il ministro, probabilmente, non sa che quand’anche il cittadino dovesse reagire, quand’anche il cittadino dovesse denunciare – basterebbe ricordare il caso del “Comitato per la tutela della costa tirrenica” di Nicotera che ha presentato alla Procura  55 esposti sull’inquinamento marino senza avere mai una risposta  – si ritrova senza tutele e senza punti di riferimento col rischio di andare a sbattere.

La verità è che alla base del fallimento del sistema dei commissariamenti ci sono tante verità, che, però, nessuno vuol vedere, a cominciare dalla politica, che si guarda bene dall’avviare una attenta riflessione su quanto accade nei territori.  Ma perché i commissariamenti sono lontani dal centrare i loro obiettivi e hanno per unico risultato quello di umiliare intere collettività  offendendone storia e cultura? L’elenco delle possibili cause è lungo:

a) – né amministratori né dipendenti pagano mai per le responsabilità che  vengono loro attribuite nelle relazioni mandate a Roma dalla Prefettura. Male che vada, gli amministratori incorrono nella pena dell’incandidabilità per un turno amministrativo. Poi, possono tranquillamente ricandidarsi. Nel Vibonese c’è il caso eclatante di un Comune il cui sindaco, “sciolto” nel 2011 e nel 2015 per infiltrazioni mafiose, s’è ricandidato anche nel 2023 ed è stato eletto per la terza volta al termine di una competizione con tre liste in campo, una delle quali non ha riportato nemmeno un voto!

b) – spesso vengono accertati nella relazione prefettizia comportamenti controindicati dei dipendenti comunali, che, però, non vengono mai inchiodati alle loro responsabilità e possono tranquillamente rimanere al loro posto per perpetuare atteggiamenti censurabili;

c) – per sostanziare le relazioni stilate, i componenti della commissione d’accesso spesso inseriscono elementi opinabili e forzature evidenti. Nessuno di loro, tuttavia, è stato mai chiamato a rispondere degli errori fatti. Non a caso sono solo una trentina i consigli comunali reimmessi in funzione dal Consiglio di Stato. Nel Vibonese è successo per il Comune di Joppolo nel 2014;

d) – i componenti delle commissioni straordinarie, a volte, hanno conoscenze alquanto labili sulla gestione degli affari comunali e il loro mandato si esaurisce senza lasciare traccia;

e) – spesso e volentieri a guidare le commissioni straordinarie ci sono rappresentanti dello Stato che per essere in pensione ormai da tempo possono fare quello che vogliono anche perché, dovessero essere chiamati a rispondere del loro operato,  non si rovinerebbero certo la carriera;

f) –  c’è, infine, un errore che lo Stato continua a fare a danno della cittadinanza: perché, se a sbagliare è un sindaco, un consigliere o un dipendente, non si  adottano provvedimenti severi a loro danno evitando di sciogliere l’Ente interessato? Perchè punire l’intera collettività che nulla ha a che fare con amministratori o dipendenti senza troppi scrupoli?

g) – appare evidente che trovare i commissari straordinari da mandare nei Comuni non è semplice. In buona parte arrivano da fuori regione. Per coprire gli incarichi commissariali che si andranno a creare prossimamente nel Vibonese si dovrà ricorrere a voli charter. Per il momento, infatti, gli Enti  sotto la lente di ingrandimento delle commissioni d’accesso sono sei, mentre tre sono quelli già sciolti e gestiti dalle commissioni straordinarie. Peraltro, la disponibilità del personale, galeotta la riduzione delle indennità percepite, tende progressivamente a diminuire. Perchè, allora, anziché tre commissari magari poco attrezzati non mandarne uno solo, con pieni poteri, ma più informato sulle tecniche di gestione di un Ente? 

Le considerazioni potrebbero essere anche altre, ma, in attesa che Stato e politica prendano atto del fallimento del sistema in atto, è il caso di non andare oltre e cominciare seriamente a lavorare perchè qualcosa cambi.   

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