Il giorno dopo il via libera della Giunta al nuovo assetto amministrativo della Regione Calabria, la questione non è più tecnica. È politica, ed è tutta racchiusa in una contraddizione che oggi appare difficile da eludere. La riorganizzazione voluta dal presidente Roberto Occhiuto conferma quasi integralmente, evidenzia La Gazzetta del Sud in un articolo di Giuseppe Lo Re, l’apparato dirigenziale già in carica; gli stessi nomi che, solo pochi mesi fa, erano stati indicati come uno dei motivi alla base delle sue dimissioni.
La paralisi amministrativa
La paralisi amministrativa
All’epoca, il governatore spiegò la scelta clamorosa con un clima di paralisi amministrativa: dopo l’avviso di garanzia, diversi dirigenti – secondo la sua versione – avrebbero smesso di firmare gli atti, bloccando di fatto la macchina regionale. Una situazione ritenuta insostenibile, tanto da spingere ancora di più verso lo scioglimento anticipato della legislatura e al ritorno alle urne. Oggi, però, quegli stessi dirigenti sono ancora lì. Anzi, vengono riconfermati in blocco. Ed è qui che si apre il nodo politico che ora viene rimesso al giudizio dell’opinione pubblica.
Emergono le contraddizioni
Prima questione: la continuità amministrativa è il risultato di compromessi con altre forze politiche, necessari per tenere insieme equilibri di maggioranza e assetti di potere nella fase post-elettorale? Una scelta di realpolitik, dunque, che avrebbe imposto di rinunciare a quella discontinuità annunciata come fondativa della “nuova” stagione di governo. Seconda questione, ancora più scomoda: se non ci sono stati compromessi, allora le dimissioni estive e la narrazione dei dirigenti “che non firmavano” sono state una scorciatoia politica? Una spiegazione funzionale a giustificare una crisi che aveva altre radici, magari tutte interne al perimetro del potere politico.
I rilievi di Calabria 2030 di Tridico
Il movimento “Calabria 2030 per Tridico” ha colto il punto con una battuta amara, chiedendosi se oggi, con Occhiuto ancora indagato, quei dirigenti torneranno a firmare oppure no. Un’ironia che fotografa bene il cortocircuito di questa fase e che accompagna una riorganizzazione arrivata, non a caso, all’ultimo momento utile, a ridosso della scadenza del 26 dicembre che avrebbe fatto decadere tutti i direttori generali, rimasti finora in carica grazie a una proroga di 60 giorni.
La squadra non si cambia
Nel dettaglio, vengono confermati Eugenia Montilla al Segretariato generale, Marina Petrolo al Personale, Raffaele Rio agli Asset strategici, Giuseppe Iiritano all’Agricoltura, Salvatore Siviglia all’Ambiente, Fortunato Varone al Lavoro, Claudio Moroni ai Lavori pubblici, Domenico Costarella alla Protezione civile, Pasquale Gidaro all’Audit, Roberta Porcelli alla Stazione appaltante, Maria Antonella Cauteruccio alla Cultura, Maria Francesca Gatto all’Istruzione, Filippo De Cello al Bilancio, Domenico Pallaria alla Forestazione e Francesco Venneri alla Transizione.
La crisi non era legata ai dirigenti
Da lunedì, quando il nuovo assetto entrerà pienamente in funzione, saranno gli atti a parlare. Ma la politica, intanto, resta sospesa su una domanda che non può più essere aggirata: la crisi di ieri è stata davvero colpa dei dirigenti o è stata il racconto più conveniente per attraversare una fase delicata di potere? Una risposta che, questa volta, non potrà essere rimandata.


