Don Fiorillo: l’umiltà di Natuzza contro l’arroganza di “narcisisti folli” in cammino verso la catastrofe

Le parole del prelato scuotono il pubblico durante un convegno di Lyons e Libritalia per riflettere sui messaggi della mistica di Paravati

Al 501 hotel di Vibo, sui passi di mamma Natuzza per ricordarne bontà, sacrifici, umiltà, fede, ma, anche e soprattutto, il suo ‘filo diretto’ con Gesù, la Madonna, tutti i Santi e i defunti. Per rimarcarne, ora e sempre, la dolcezza con cui accoglieva nella sua casa di Paravati le migliaia di persone che arrivavano da tutta Italia e anche da Oltralpe gravate da mille preoccupazioni e che ripartivano col sorriso portandosi dietro serenità e speranza.

Un bestseller

Un bestseller

A quasi sedici anni dalla sua scomparsa (1 novembre 2009), non è cambiato nulla. E non cambierà mai nulla, perché Natuzza Evolo, nei suoi tanti lustri di ombre e luci, di sofferenza e passione, ha regalato a tutti, a quanti l’hanno conosciuta personalmente e a quanti l’hanno conosciuta solo attraverso le testimonianze altrui o attraverso i mille aneddoti raccontati, un patrimonio di fede e d’amore verso la vita. A rinnovare il ricordo della Mistica di Paravati, nella sala convegni del 501 hotel, sono stati il Lyons Club di Vibo, presieduto da Rodolfo Teti, e la casa editrice ‘Libritalia’, guidata da Enrico Buonanno, che ha voluto riportare al centro dell’attenzione “Il disegno celeste” vergato con stile elegante dal giornalista e scrittore Vincenzo Varone. Un capolavoro che da otto mesi veleggia nei primi posti della classifica dei bestseller di Amazon, categoria ‘Spiritualità cristiana’ e che difficilmente sarà sradicato dal vertice della piramide in tempi brevi perché nelle sue 229 pagine sono racchiusi i momenti più sofferti e più significativi della vita di mamma Natuzza.

“Un verme di terra”

L’incontro, moderato a due voci, ma con garbo e cognizione di causa, dal giornalista Tonino Fortuna e dalla dirigente scolastica Tiziana Furlano, prende il via con i saluti del presidente del Lyons Club di Vibo, Rodolfo Teti, e del sindaco Enzo Romeo. Entrambi si soffermano sulla figura di Natuzza, sulle loro emozioni nell’incontrarla quand’era ancora in vita e sulla parole di conforto e di speranza che aveva regalato loro. L’intervento dell’editore Enrico Buonanno si sposta, naturalmente, sul consenso dei lettori verso un’opera che racchiude in sé il significato di una vita, di un messaggio, di un impegno fatto d’amore verso il prossimo. A dare spessore spirituale al ricordo di quella donna semplice, affettuosa e piena di rispetto verso la Chiesa e le sue istituzioni che era Natuzza, ci pensa don Filippo Ramondino. Ripercorre, con dire semplice, la sua vita; ne evidenzia l’amore per la famiglia, ne sottolinea i sacrifici fatti negli anni difficili del dopoguerra, ne esalta la spontaneità del rapporto umano e l’umiltà nel trasmettere il suo messaggio di pace. Messaggio che non lasciava trasparire superbia perché, come ricorda don Ramondino, Natuzza amava ripetere “Io sono solo un mezzo per arrivare a Gesù, io sono un verme di terra”.

Lo scetticismo

E sul suo volersi considerare “un verme di terra” si sofferma e insiste anche don Peppino Fiorillo che rammenta come la Mistica usasse ripetere nei sui momenti più estremi “non pensate a me, pensate a Gesù. E non preoccupatevi della mia tomba, ma tenete nel cuore il mio messaggio”. Parole di grande bontà che, a parere di don Fiorillo, cozzano contro l’arroganza dei tempi che stiamo vivendo perché “oggi – dice – siamo governati da folli narcisisti che potrebbero portarci alla catastrofe”. A spezzare la solennità delle parole pronunciate da don Fiorillo arriva la visione laica insita nell’intervento del giornalista Maurizio Bonanno e il suo diverso approccio alla storia di Natuzza. Dalle sue parole, oltre all’elogio dello stile elegante usato da Vincenzo Varone per dipingere il suo “Disegno celeste”, emergono anche il “presuntuoso scetticismo” del suo primo incontro con la Mistica e la “resa” registrata nel secondo ‘round’ di fronte al “suo modo di fare materno che aveva ammorbidito ogni mia presunzione”.

Sergio Zavoli

A chiudere, in una sala avvinta dalle delicate e sentite testimonianze dei relatori, sale in cattedra, l’autore del “Disegno celeste”, Vincenzo Varone. C’è solo da ascoltare e riflettere. Il giornalista e scrittore miletese, con parole semplici e cariche di verità, prende i presenti per mano e li guida nel passato e nel presente di Natuzza, nel suo essere “verme di terra” e nel suo sapersi elevare a “mezzo” per arrivare a Dio. Un dire carico di forza perché le sue sono testimonianze di contatti vissuti, di incontri quotidiani favoriti dall’abitare porta a porta con Natuzza su quella via Nazionale divenuta nel tempo l’unica strada da percorrere per le centinaia di migliaia di persone arrivate e che arriveranno a Paravati in cerca di conforto e di speranza. Varone ricorda il suo dialogo con un egiziano arrivato alla porta di Natuzza in cerca di luce, entra nei particolari del suo incontro con Sergio Zavoli, famoso giornalista arrivato in via Nazionale senza fede e ripartito dicendo “ho intervistato tanti uomini di chiesa, solo qui ho trovato conforto”.

Vincenzo Varone

Vincenzo era per Natuzza un altro figlio, era il “Vincenzino mio” che voleva sempre vicino e al quale diceva che “quando una persona fa le cose col cuore deve stare tranquillo” aggiungendo che “ i giovani, se vogliono, possono cambiare tutto, ma devono avere la bontà di essere fedeli alla Madonna”. Raccomandazioni che, per certo, Vincenzo Varone ha chiuso nel suo cuore e se le porta dentro ogni suo atto quotidiano nel ricordo di quella santa donna che si avviava a chiudere il suo percorso terreno asserendo “io sono contenta dei cenacoli di preghiera, accogliete tutti, io vi sarò accanto”. Saranno ancora tanti quelli che scriveranno di Natuzza. La verità sulla sua vita la troveremo solo e soltanto nei libri di Vincenzo Varone.

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