Elezioni dell’Ordine degli architetti, Maluccio: non votate i complici della distruzione

Dal professionista un appello a non sostenere “chi ha lasciato che il degrado prendesse il sopravvento”

Il 19 marzo 2025, il Consiglio dell’Ordine ha deliberato l’indizione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Vibo Valentia, per il quadriennio 2025-2029. Si voterà il 1° aprile 2025.

Ma, secondo l’architetto Francesco Maluccio, “una domanda si impone: ha senso votare chi, fino a oggi, è rimasto inerte davanti alla distruzione della nostra città?”.

Ma, secondo l’architetto Francesco Maluccio, “una domanda si impone: ha senso votare chi, fino a oggi, è rimasto inerte davanti alla distruzione della nostra città?”.

Un decennio di crisi

“È da un decennio che stiamo vivendo il periodo più buio dell’Ordine degli Architetti della provincia di Vibo Valentia: inerzia, pusillanimità, condizionamenti clientelari e soggiacenza supina. Ecco solo qualche esempio degli indici rivelatori di tale situazione di crisi”, denuncia il professionista, in un duro intervento che chiama alla responsabilità l’intera categoria.

“Oggi siamo chiamati ad eleggere il nuovo Consiglio dell’Ordine, ma se i candidati saranno proprio quelli che hanno generato la crisi di cui sopra, allora è necessario che vi sia una presa di posizione netta e decisa da parte di tutti noi altri architetti, che abbiano subito e stiamo subendo tale stato di cose e, oggi, a causa di pessimi progetti di rigenerazione urbana, anche la distruzione dell’identità della nostra città”, prosegue Maluccio, puntando il dito contro una gestione che avrebbe dovuto tutelare il territorio e invece lo ha lasciato in balia di progetti discutibili.

Lo stato di crisi ha portato a un disinteresse diffuso alla vita ordinistica e a una disillusione generalizzata nei cittadini nei confronti della categoria, e degli stessi architetti nei confronti della passata dirigenza ordinistica.

Un Ordine che “ha abdicato al proprio ruolo”

Gli Ordini Professionali – quello degli architetti ma anche quello degli ingegneri – nascono e esistono, istituzionalmente, per avere un ruolo attivo e propositivo nelle amministrazioni pubbliche, per contribuire alla pianificazione e gestione del territorio in modo sostenibile e intelligente e, soprattutto, per vigilare affinché scelte progettuali nefaste non abbiano a concretizzarsi.

“Invece, se diventano interlocutori silenti o passivi, perdono la loro funzione di tutela e promozione della qualità urbana e ambientale e si fanno essi stessi complici dei danni arrecati”, accusa Maluccio.

Nella città come Vibo Valentia, a fronte di commissionati progetti Pnrr, il rischio di sfacelo urbanistico e ambientale era alto, e quindi, la voce e la vigilanza degli Ordini Professionali avrebbero dovuto essere essenziali e determinanti. “Ma l’Ordine degli architetti di Vibo Valentia si è limitato a fare da mero spettatore. Ed ancora oggi, a fronte di danni visibili ed eclatanti all’identità storica, architettonica, culturale della nostra città, continua ad essere latitante o debolmente presente”.

“Il fallimento della vecchia guardia”

Secondo Maluccio, “l’Ordine degli architetti della provincia di Vibo Valentia ha, dunque, gravi responsabilità morali ed istituzionali. È superfluo ricordare il vero ruolo dell’Ordine degli architetti e la sua funzione pubblica? Credo di no! Esemplifichiamo”, incalza.

Quanto al ruolo di tutela e di consulenza, Maluccio afferma: “L’Ordine degli architetti ha il compito di garantire che le progettazioni siano realizzate nel rispetto dei principi di sostenibilità, qualità architettonica, e tutela del patrimonio storico. In particolare, avrebbe dovuto promuovere e difendere la qualità del progetto architettonico: nel caso concreto di Vibo Valentia, a fronte di progetti di Rigenerazione Urbana non rispecchianti i valori estetici e culturali della città, l’Ordine avrebbe dovuto intervenire per impedire che la pubblica amministrazione e i professionisti coinvolti li attuassero. Avrebbe dovuto verificare la qualità dei progetti: ancora nel caso concreto, l’Ordine avrebbe dovuto esigere di esprimere un parere tecnico su questi interventi, anche se i progettisti erano stati pescati al di fuori della compagine dei propri iscritti”.

Per quel che riguarda, invece, la responsabilità nel monitoraggio delle pratiche urbanistiche, Maluccio dichiara: “L’Ordine avrebbe dovuto coinvolgersi o chiedere, con fermezza e decisione, di essere attivamente coinvolto nel processo di consultazione pubblica e approvazione urbanistica di tutto ciò che ha poi comportato significativi e negativi cambiamenti nel tessuto urbano. Avrebbe dovuto ribadire il valore supremo della conservazione degli elementi storici e culturali della città, come le piazze e le vie ed il loro essere testimonianza di memoria collettiva”. E ancora, secondo Maluccio, “avrebbe dovuto sensibilizzare i progettisti e le amministrazioni pubbliche a lavorare nel rispetto dell’identità storica della città, evitando cambiamenti che la compromettessero”.

Sulla rilevanza della trasparenza e della partecipazione, il professionista afferma: “L’Ordine avrebbe dovuto contestare da subito la mancanza di trasparenza e pubblicità di quei contenuti progettuali, onde evitare che di quei contenuti se ne sapesse solo a danno compiuto. Avrebbe dovuto chiedere e promuovere la più ampia partecipazione cittadina, richiedere l’accesso agli atti per valutare la congruità dei progetti, favorire il dibattito pubblico sulla qualità progettuale, il tutto prima che i danni avessero a concretizzarsi”.

Infine, quanto all’etica professionale, “gli architetti membri dell’Ordine avrebbero dovuto sentire forte la responsabilità etica su di essi gravante, ciò per la tutela del patrimonio culturale e dell’ambiente”.

Le prospettive elettorali

“Non c’è stato tempo affinché tutti noi ‘altri architetti’ potessimo presentare programmi, liste e candidature – sostiene Maluccio – perché l’indizione elettorale è stata repentina. Ma di quelli ‘della vecchia guardia’ che si sono candidati, ‘chi mai saprà o vorrà o potrà fare tutto quello sopra indicato?’. C’è tempo per un’autocritica e, quindi, per rinunciare alla stessa candidatura, se non si sarà in grado di emendarsi o di fare tutto ciò sopra esemplificato. Una tornata elettorale che salti per autocritica degli stessi candidati che si sono presentati sarebbe il miglior segnale di cambiamento e di autoresponsabilità. E di riabilitazione morale (per il non fatto di prima)”.

Secondo Maluccio, l’alternativa è soltanto una: “Non andare a votare! Una rappresentatività risicata è la migliore forma di delegittimazione che vi può essere, oltre, in ogni caso, quella che deriva dai fatti che hanno generato la crisi di cui sopra”.

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