False accuse e identità fittizie: chiesto il rinvio a giudizio per l’ex sindaco di Cessaniti

Esposti anonimi, accuse infondate e un’indagine complessa: la Procura di Vibo punta il dito contro Francesco Mazzeo

Un’intricata vicenda giudiziaria scuote la provincia di Vibo Valentia. La Procura ha infatti chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per Francesco Mazzeo, 44 anni, ex sindaco di Cessaniti, accusato di essere l’autore di una serie di esposti anonimi contenenti false accuse contro funzionari pubblici, autorità religiose e forze dell’ordine. L’obiettivo? Screditare e ostacolare l’operato delle vittime, danneggiandone la reputazione.

Un’indagine complessa e sofisticata

Un’indagine complessa e sofisticata

L’inchiesta, coordinata dal procuratore Camillo Falvo e condotta dai carabinieri della Sezione Operativa di Vibo Valentia, ha richiesto un lungo e meticoloso lavoro sul piano informatico. Gli investigatori si sono avvalsi delle più moderne tecniche di digital forensics per analizzare una grande quantità di dati archiviati su dispositivi protetti da avanzati sistemi di crittografia end-to-end.

Nemmeno il tentativo di wiping da remoto, attivato dallo stesso indagato per cancellare prove compromettenti, è riuscito a fermare le indagini. Grazie a tempestive operazioni di data recovery, gli specialisti sono riusciti a recuperare e preservare i dati prima che venissero eliminati definitivamente.

Le accuse e gli episodi contestati

Secondo l’accusa, Mazzeo avrebbe utilizzato identità fittizie e false generalità per diffamare diverse figure istituzionali, lanciando pesanti accuse che si sono poi rivelate infondate.

Attacchi al Comune di Cessaniti: l’ex sindaco avrebbe inviato un esposto anonimo contro il commissario straordinario Sergio Raimondo e due segretarie comunali, accusandoli di falsificare documenti ufficiali.

False accuse di corruzione: un altro esposto anonimo, firmato con un nome falso, avrebbe denunciato funzionari dell’Asp di Vibo Valentia, sostenendo che avessero pilotato un concorso pubblico in cambio di denaro.

Coinvolgimento fittizio della criminalità organizzata: Mazzeo avrebbe scritto, sempre in forma anonima, per insinuare inesistenti legami tra il Commissario prefettizio e ambienti della ‘ndrangheta, diffondendo accuse prive di riscontro.

Diffamazione del clero: in diversi esposti, avrebbe attaccato sacerdoti della Diocesi di Mileto, insinuando presunti interessi economici e favoritismi nella gestione delle attività parrocchiali e delle feste patronali.

Screditamento delle forze dell’ordine: un ulteriore documento, inviato sempre in forma anonima, avrebbe accusato agenti e ufficiali dei Carabinieri di connivenza con atti illeciti.

Indagini chiuse, la Procura chiede il processo

Grazie all’elevato livello di expertise nel campo della cyber investigation, i Carabinieri hanno ricostruito ogni passaggio del presunto piano diffamatorio, raccogliendo prove ritenute schiaccianti. La Procura di Vibo Valentia ha quindi formalmente chiesto il rinvio a giudizio per Mazzeo, contestandogli i reati di calunnia aggravata, sostituzione di persona e diffamazione.

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