Il paradosso di Gioia Tauro non è più solo un sospetto: è un dato di fatto. Il porto che movimenta oltre 4 milioni di TEU l’anno e che genera IVA per circa 7 miliardi, di quella ricchezza non trattiene praticamente nulla in Calabria. Tutto vola altrove, verso i porti in cui la merce viene effettivamente sdoganata – Salerno, Napoli, Ancona – come impongono le regole europee sul porto di destinazione finale.
La posizione di Occhiuto
La posizione di Occhiuto
Il governatore Roberto Occhiuto, numeri alla mano, lo ha ricordato con una chiarezza poco usuale: “Produciamo ricchezza per altri porti del Mezzogiorno.” E ha ragione. Ma questo apre una domanda inevitabile: se questa stortura esiste da decenni, dov’erano Occhiuto e tutti quelli che l’hanno preceduto? Perché il punto non è solo tecnico. È profondamente politico. Per anni, in Calabria, la classe dirigente ha parlato di sviluppo, crescita, rilancio, ma quando si trattava di sedersi con chi davvero decide i destini di porti e logistica, ha sempre preferito piegarsi. Più concentrata a ottenere un posto in lista, una presidenza, una casella di potere, che a difendere il valore generato sul territorio.
La denuncia della Gazzetta del Sud
Non è un caso se oggi, sulle pagine della Gazzetta del Sud, Giuseppe Lo Re torna a sollevare la questione, ricordando come il più grande hub di transhipment del Paese resti un gigante senza effetti benefici per la regione che lo ospita. Una denuncia che pesa come un macigno, perché conferma ciò che i calabresi vedono ogni giorno: lo Stato incassa, la Calabria paga.
Vibo Marina, caso emblematico
Se il paradosso di Gioia Tauro è macroscopico, quello di Vibo Marina è addirittura emblematico. Un territorio che avrebbe una vocazione naturale per turismo, portualità di qualità, accoglienza. E invece è stato trasformato in un distretto del carburante, con decine di autocisterne che attraversano quotidianamente la cittadina, serbatoi che hanno segnato il paesaggio, e un inquinamento che negli anni ha avvelenato aria, suolo, prospettive economiche.
Le accise? Un tesoro
Le accise sui carburanti? Una manna per lo Stato e per le compagnie. Zero ricadute per i cittadini che, al contrario, pagano con la salute, con un territorio sacrificato, con il turismo frenato, con il valore immobiliare eroso. Un modello che non porta sviluppo, ma solo impatto ambientale e sociale. E anche qui la domanda torna identica: Chi avrebbe dovuto difendere Vibo Marina? Chi avrebbe dovuto dire basta a un sistema insostenibile? E soprattutto: perché non l’ha fatto?
Serve una rottura vera
Occhiuto annuncia di voler rendere operativa la legge sul retroporto e di voler potenziare intermodalità e logistica. Bene. Ma i calabresi hanno sentito questa promessa troppe volte. Oggi serve molto di più: una trattativa politica dura con Roma e Bruxelles, una strategia industriale che riporti valore in Calabria, e soprattutto una classe dirigente che non si faccia usare come semplice manovalanza elettorale.
Politica e manovalanza elettorale
Perché il vero scandalo non è solo che la ricchezza prodotta a Gioia Tauro vada altrove, ma che la politica calabrese – per decenni – abbia accettato tutto questo in silenzio. E come ricorda Lo Re, questo paradosso non è un destino: è una scelta. Una scelta che ora va finalmente ribaltata.


