Le dimissioni del prefetto Piscitelli dalla guida dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia segnano un passaggio delicato per il sistema sanitario locale e, più in generale, per l’intero territorio. Non si tratta soltanto di un cambio al vertice, ma del punto di approdo di un percorso complesso, in cui si sono intrecciati tentativi di risanamento, resistenze consolidate e criticità strutturali mai pienamente affrontate.
L’Asp di Vibo: un “paziente cronico”
L’Asp di Vibo: un “paziente cronico”
Quando la commissione antimafia fece ingresso all’Asp, l’aspettativa era quella di un’operazione di bonifica rispetto a possibili infiltrazioni e distorsioni gestionali. Il quadro emerso, tuttavia, andava oltre: più che un problema circoscritto, si rivelava una patologia sistemica. L’assenza della tecnostruttura aziendale, la mancanza di direzioni sanitaria e amministrativa, la paralisi di quattro dipartimenti su sei, un personale fortemente limitato nelle funzioni e nelle abilità professionali, una pianta organica mai aggiornata erano solo alcuni dei segnali di un sistema al collasso.
A ciò si aggiungevano la fragilità del distretto sanitario, l’insufficienza della continuità assistenziale soprattutto nelle aree interne, il mancato completamento della rete ospedaliera e territoriale, una mobilità passiva che drenava circa 60 milioni di euro l’anno e un disavanzo di bilancio superiore ai 32 milioni.
Più che un’azienda sanitaria, l’Asp di Vibo si presentava dunque come un organismo disarticolato, incapace di garantire con continuità e qualità il diritto fondamentale alla salute.
Inversione di rotta
In questo contesto, il prefetto Piscitelli aveva provato a introdurre elementi di discontinuità. Le azioni intraprese hanno riguardato sia il piano economico, con il recupero di risorse attraverso i decreti commissariali (per complessivi 24 milioni di euro), la revisione delle dotazioni infermieristiche, sia il piano organizzativo, con l’inserimento di figure apicali nelle direzioni, la riorganizzazione del distretto e la riattivazione dei concorsi per le posizioni dirigenziali.
Uno degli interventi più significativi è stato il completamento, dopo nove anni, dell’atto aziendale, strumento essenziale per programmare in modo coerente e strategico l’evoluzione dell’ente. Parallelamente, è stata avviata una riorganizzazione della farmacia territoriale e si è cercato di restituire al distretto un ruolo centrale nella governance sanitaria.
Sul versante politico-istituzionale, elemento di forte innovazione, è stato il dialogo con la conferenza dei sindaci che ha portato alla sottoscrizione di un documento condiviso, capace di mettere in evidenza in modo sistematico le criticità dell’ente e il fabbisogno di risorse, sistematicamente disatteso dall’ente regionale. Ma soprattutto, l’azione del prefetto Piscitelli ha ridato alla direzione generale la funzione propria di governance e l’autonomia dagli affarismi politici, rivendicando diritti dimenticati del territorio.
Un equilibrio difficile
L’azione del prefetto aveva iniziato a restituire all’Asp una credibilità smarrita, e con essa un primo segnale di fiducia da parte della cittadinanza. Per la popolazione vibonese, ciò si traduceva in una speranza: quella di interrompere i “viaggi della speranza” verso altre province e di vedere garantiti sul territorio servizi sanitari adeguati. Tuttavia, questo processo di risanamento si è inevitabilmente scontrato con due fattori. Da un lato, il peso delle criticità strutturali accumulate negli anni, difficili da sanare in tempi brevi. Dall’altro, la funzione storicamente assegnata all’Asp, spesso percepita più come un bacino finanziario a servizio di equilibri più o meno leciti regionali che come un ente al servizio diretto dei cittadini.
Segnale da interpretare
Le dismissioni di Piscitelli non vanno lette soltanto come l’atto personale di un dirigente che viene avvicendato nel proprio mandato. Esse rappresentano piuttosto il segnale di una tensione mai risolta tra l’esigenza di riforma e le resistenze di un sistema di affarismi consolidati, giocati in aree grigie, veri obiettivi dell’antimafia. Il futuro dell’Asp di Vibo dipenderà dalla capacità delle istituzioni di dare continuità alle azioni avviate, senza cedere alla logica del “cambiare per non cambiare” assecondando affarismi regionali più o meno leciti. Perché se è vero che un singolo commissario può imprimere un impulso, solo una governance stabile, sostenuta da scelte politiche coerenti e da un forte radicamento istituzionale, potrà restituire ai cittadini un servizio sanitario realmente all’altezza delle loro esigenze.