Il caso Baker Hughes e l’autogol degli amministratori. Pronti a seppellire il turismo

Nella recente campagna elettorale erano riusciti a ingenerare nuove speranze tra imprenditori e operatori turistici

Investimenti e posti di lavoro. Sono le facce della stessa medaglia. E in nome di questa moneta pesante in questi giorni il dibattito (a volte senza avere la conoscenza dei territori) è andato avanti. Si sono espressi molti, compreso sindacalisti e amministratori. Non tutti competenti. Sul tavolo, il caso Baker Hughes, la multinazionale statunitense che era pronta ad occupare una grande banchina del Porto di Corigliano Rossano. Aveva progettato di realizzare uno stabilimento per assemblaggio di carpenteria metallica pesante da destinare alle piattaforme petrolifere con carico immediato su grandi mercantili; navi che possono attraccare solo in porti con fondali profondi. Un’operazione importante: investimento di 60 milioni di euro e duecento nuovi posti di lavoro. In questo momento nelle officine di Baker Hughes e Nuovo Pignone di Portosalvo ce ne sono solo 70. Piccolo dettaglio.

Venite a Vibo Marina

Venite a Vibo Marina

Venuta meno l’ipotesi Corigliano Rossano perché il sindaco, di quella che è la terza città della Calabria, ha detto chiaro e tondo che vuole prima un piano che programmi lo sviluppo del Porto e poi tutto il resto, ecco arrivare il sasso nello stagno degli amministratori vibonesi: “Venite a Vibo Marina”. Appello a Baker Hughes a rivedere le sue strategie. L’assessore regionale Rosario Varì, che ha seguito fin dall’inizio questa vicenda ha quasi sorriso: “Non ci sono banchine, non ci sono fondali, non ci sono gli spazi, il porto è nella città…”. Un modo come un altro per dire: “Siamo seri”. Ma neanche questo è bastato agli amministratori di palazzo Luigi Razza che continuano a premere sull’Autorità portuale e chiedono un tavolo tecnico.

Da Portofino a… Piombino

Aprire una dibattito sul Porto senza ricordare quanto programmato e, soprattutto, senza andare ad un eventuale tavolo con proposte e idee chiare non è certo un bell’inizio. E allora sorge spontanea una domanda. Ma come? Il centrosinistra (o campo largo) non aveva fatto una campagna elettorale basata principalmente su turismo, Vibo Marina, decoro urbano, la trasformazione del Porto con investimenti privati e pubblici già programmati per cambiare i connotati dello scalo marittimo? Non era intenzione di questa amministrazione fare del diporto l’elemento principe, in una cornice di alberghi, ristoranti e attività attrattive? In pochi giorni sono cambiate le carte in tavola. Dal sogno di Portofino a… Piombino. Altro che scelte strategiche per riprogrammare lo sviluppo di un territorio distrutto nel corso degli anni con benefici miseri al cospetto dello scempio ambientale che è ancora sotto gli occhi di tutti, depositi costieri in primis.

Inversione di rotta

C’è da augurarsi si tratti solo di un grande equivoco. L’inversione di rotta è notevole. In agenda, nell’immaginario collettivo di una città piuttosto incredula, spicca uno stabilimento metalmeccanico sulle banchine di Vibo Marina, sotto gli ombrelloni. Capannoni, gru, saldatrici, presse, lastre d’acciaio, saldatrici e qunt’altro potrebbero arrivare a fare da sfondo a stabilimenti balneari, bagnanti e turisti che partono e arrivano dalle Eolie.

Gli amministratori di Vibo insomma puntano il Porto; sarebbero pronti a consegnarlo ad un’azienda come Baker Hughes che già opera nello stabilimento Nuovo Pignone in zona industriale; luogo dove ci potrebbero essere le condizioni di ingrandirsi come e quanto vuole e per giunta in un’area dedicata a queste attività e che potrebbe arrivare ad assumere anche 500 persone. Vale la pena rammentare a molti che Baker Hughes-Nuovo Pignone dista solo un chilometro dal Porto e il trasferimento di qualsiasi merce, anche di proporzioni fuori misura, potrebbe essere facilitato da un asse attrezzato; una grande strada utile allo sviluppo di tutto il comparto metalmeccanico di tutte le aziende operanti nel territorio.

Azzardo senza precedenti

Il collegamento Porto-area industriale fino ad oggi è scivolato addosso a qualsiasi amministrazione che negli anni si è succeduta a palazzo Luigi Razza, anche se in quest’ottica il ruolo primario spetterebbe alla Regione. Un argomento sul quale neanche Confindustria è riuscita ad incidere mentre le imprese sono rimaste penalizzate nelle loro attività e negli investimenti. Il nuovo corso dell’amministrazione Romeo aveva riaperto nuove speranze. Aveva compattato il mondo produttivo, dagli artigiani ai piccoli e grandi imprenditori. Aveva riacceso l’entusiasmo degli operatori turistici. Invece, in poche ore, ha dimenticato quella “favola elettorale” e riportato la discussione su un terreno inaccettabile. Neanche negli anni dell’industrializzazione massiccia, delle ciminiere, dei veleni, quando per fare nascere un insediamento non si andava tanto per il sottile, si poteva arrivare ad immaginare di realizzare la Nuovo Pignone nel Porto di Vibo Marina. In quel caso si è pensato ad un’area industriale.

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