Si è parlato tanto sulle motivazioni che hanno indotto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ad arrivare a proporre lo scioglimento dell’Asp di Vibo Valenita per la seconda volta. Nella relazione allegata al decreto di scioglimento del presidente della Repubblica ecco il “certificato” dello sfascio; elenca tutti gli eventi che nel corso degli anni hanno distrutto la sanità vibonese.
“Nell’ambito delle attività di monitoraggio sulla funzionalità e la gestione amministrativa degli enti locali della Provincia di Vibo Valentia, sono stati acquisiti dalle forze di polizia elementi informativi e risultanze di indagini dai quali sono emersi presunti fenomeni di condizionamento degli organi gestionali e direttivi della locale Azienda sanitaria provinciale. Pertanto, al fine di verificare la sussistenza dei suddetti condizionamenti da parte della criminalità’ organizzata il prefetto di Vibo Valentia, con decreto del 15 novembre 2023, successivamente prorogato, ha disposto l’accesso ispettivo ai sensi degli articoli 143 e 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. Al termine dell’attività ispettiva, la commissione incaricata dell’accesso ha depositato le proprie conclusioni, sulla scorta delle quali il prefetto, sentito nella seduta del 26 giugno 2024 il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia e del procuratore distrettuale antimafia facente funzioni di Catanzaro, consesso che si è espresso all’unanimità sulla proposta di scioglimento dell’ente, ha trasmesso l’allegata relazione in data 4 luglio 2024”.
“Nell’ambito delle attività di monitoraggio sulla funzionalità e la gestione amministrativa degli enti locali della Provincia di Vibo Valentia, sono stati acquisiti dalle forze di polizia elementi informativi e risultanze di indagini dai quali sono emersi presunti fenomeni di condizionamento degli organi gestionali e direttivi della locale Azienda sanitaria provinciale. Pertanto, al fine di verificare la sussistenza dei suddetti condizionamenti da parte della criminalità’ organizzata il prefetto di Vibo Valentia, con decreto del 15 novembre 2023, successivamente prorogato, ha disposto l’accesso ispettivo ai sensi degli articoli 143 e 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. Al termine dell’attività ispettiva, la commissione incaricata dell’accesso ha depositato le proprie conclusioni, sulla scorta delle quali il prefetto, sentito nella seduta del 26 giugno 2024 il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia e del procuratore distrettuale antimafia facente funzioni di Catanzaro, consesso che si è espresso all’unanimità sulla proposta di scioglimento dell’ente, ha trasmesso l’allegata relazione in data 4 luglio 2024”.
Si legge ancora: “In detta relazione, che costituisce parte integrante della presente proposta, viene dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su forme di condizionamento ed ingerenza della criminalità organizzata di tipo mafioso nei confronti dei vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, richiesti dal decreto legislativo n. 267/2000 per l’adozione del provvedimento di cui all’art. 143 del citato TUOEL. Al riguardo è opportuno evidenziare che nel mese di giugno 2023 il commissario straordinario allora preposto al vertice dell’Azienda veniva sostituito in quanto coinvolto in un’indagine giudiziaria riferita a fatti antecedenti al periodo di svolgimento dell’incarico di direzione dell’Asp e, al suo posto, veniva nominato un altro commissario attualmente in carica”.
L’attenzione delle cosche
Un capitolo a parte merita l’interferenza del le cosche presenti sul territorio. “Il bacino di utenza dell’Azienda sanitaria – riporta il documento – si estende a tutto il territorio provinciale di cui fanno parte cinquanta comuni con una popolazione di circa 150.000 abitanti. La relazione prefettizia precisa che l’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, sin dalla costituzione avvenuta nell’anno 2007, è stata oggetto di interferenze da parte delle locali cosche mafiose, tali che con decreto del presidente della Repubblica del 23 dicembre 2010 sono state accertate le condizioni per procedere allo scioglimento ai sensi dell’art. 143 del decreto legislativo n. 267/2000 per condizionamenti da parte della criminalità organizzata che, di fatto, ne controllava gli appalti e le pubbliche forniture e risultava essere in rapporto di relazione diretta e/o indiretta con il personale dipendente dell’Asp”.
Ingerenze della criminalità organizzata e tentativi di condizionare la vita amministrativa dell’ente sanitario che, riporta il documento, “sono proseguiti anche negli anni successivi, come viene confermato dagli esiti di diverse inchieste giudiziarie, richiamate dal prefetto di Vibo Valentia il quale evidenzia che le stesse hanno reso palese come l’Azienda sanitaria di Vibo Valentia, sia per l’importanza delle risorse che gestisce che per la natura dei servizi resi, rappresenta un terreno di conquista e di occupazione da parte delle locali consorterie criminali”.
Viene ancora fatto notare come “le risultanze della recente operazione di polizia denominata Maestrale-Carthago abbiano posto in rilievo le ingerenze riconducibili alle locali consorterie, tese a condizionare il personale amministrativo e medico dell’Azienda sanitaria, parte del quale risulta avere legami diretti o indiretti con i diversi clan ‘ndranghetisti del territorio, oltre ad essere coinvolto in procedimenti giudiziari”.
Palesi criticità
E ancora: “Nella relazione prefettizia viene posto in rilievo un contesto territoriale fortemente condizionato dalla criminalità organizzata dove sono state riscontrate palesi criticitá in tutte le articolazioni dell’Azienda sanitaria, con particolare riferimento alla gestione del personale, agli incarichi professionali, alla gestione del patrimonio immobiliare, ai lavori pubblici, alle forniture di beni e servizi, alle prestazioni sanitarie convenzionate”.
Struttura Asp omertosa
In merito all’attività della commissione di indagine, “il prefetto di Vibo Valentia – si legge nel documento – ha, innanzitutto, stigmatizzato la scarsa collaborazione prestata dalla struttura dirigenziale dell’Azienda sanitaria nel fornire la documentazione richiesta dall’organo ispettivo, tanto da affermare ‘non tutta la documentazione richiesta (…) è stata consegnata nei tempi stabiliti’, circostanza questa che ‘già di per se deve ritenersi sintomatica di una grave criticità, non fosse altro di natura organizzativa evidenziando, altresì ‘l’assoluta gravità del fatto’, pur in presenza di obblighi informativi nascenti da richieste provenienti da una commissione di indagine nominata ai sensi degli articoli 143 e 146 del decreto legislativo n. 267/2000”.
Disordine e caos
Inoltre, viene rimarcato che “la commissione ha avuto modo di constatare una situazione di grave disordine, e caos, rilevando, ad esempio (…), una gestione organizzativa del personale che è apparsa inequivocabilmente fuori controllo”. A ciò si aggiunge che la disamina della pur parziale
documentazione esibita – in forma del tutto disordinata – nonché l’impossibilità di eseguire le dovute e programmate verifiche di taluni aspetti gestionali, in considerazione proprio della carenza – o addirittura della mancata esibizione – della relativa documentazione, hanno permesso di accertare e confermare
ulteriormente le carenze organizzative e gestionali che hanno caratterizzato e caratterizzano tuttora l’Azienda sanitaria di Vibo Valentia, condizione che oggettivamente contribuisce non poco a
favorire gli interessi della criminalità organizzata”.
Gli esiti ispettivi hanno consentito di “riscontrare diversi contatti tra le varie articolazioni dell’Asp ed elementi della criminalità organizzata, rapporti che complessivamente considerati depongono per l’esistenza di un condizionamento dell’ente nel suo complesso, che si rileva in modo particolare nel controllo delle procedure seguite per gli affidamenti di commesse pubbliche concretizzatesi ‘nel favorire società e professionisti di fatto contigui alle locali cosche di ‘ndrangheta’”.
A conferma di ciò viene riferita una “notevole carenza dei controlli antimafia laddove si evidenzia che l’Azienda sanitaria, nelle deliberazioni relative agli incarichi professionali o alle assegnazioni di lavori, ha spesso omesso i riferimenti alle predette verifiche preventive, risultando infatti che su ottantadue delibere oggetto di attenzione da parte della commissione di indagine soltanto in sette risultano riportati,
e dunque effettuati, i prescritti controlli”.
Gli affidamenti diretti
Di fatto, l’azione ispettiva ha fatto emergere l'”esistenza di rapporti economici con numerose ditte attinte, sia precedentemente che successivamente al rapporto con l’azienda sanitaria, da informazioni antimafia interdittive, oltreché’ con soggetti privati che hanno collegamenti diretti o indiretti con ‘i maggiorenti’ delle varie cosche mafiose presenti nella provincia di Vibo Valentia. A riprova di ciò, l’organo ispettivo ha riportato un elenco di oltre sessanta fornitori aventi rapporti familiari o di frequentazioni con
soggetti controindicati”.
Tra gli affidamenti diretti a fornitori, la relazione prefettizia ha posto in evidenza, a titolo esemplificativo alcune procedure di assegnazioni, che presentano “anomalie e criticità nel procedimento di selezione, disposte in favore di diversi soggetti economici i cui amministratori hanno profonde cointeressenze familiari con esponenti sodali e intranei alla locale criminalità organizzata; nello specifico viene fatto riferimento a una società beneficiaria di oltre quaranta affidamenti – ventidue dei quali in somma
urgenza/affidamento diretto – destinataria di informazioni interdittive antimafia i cui effetti ostativi sono stati successivamente superati per l’ammissione della stessa al controllo giudiziario”.
Somma urgenza
Nei fatti, è risultato che “la predetta ditta, tra i mesi di gennaio e febbraio 2019, è stata destinataria di numerosi provvedimenti con i quali l’Asp ha liquidato diversi affidamenti di ‘somma urgenza’ quasi tutti relativi all’anno precedente e con ciò facendo concentrare i pagamenti nel breve periodo necessario al
perfezionamento dell’iter amministrativo preannunciante l’ostatività antimafia poi effettivamente adottata nel marzo 2019. A questo proposito, il prefetto di Vibo Valentia sottolinea che un ‘numero così elevato di affidamenti diretti – tra l’altro nei confronti di un’impresa di fiducia dell’ASP che sarà oggetto di
interdittive – rende evidente come l’eccezione (la somma urgenza) diviene la regola con ogni evidente con seguenza in termini di elusione della normativa vigente”.
Procedure che hanno evidenziato “analoghi vizi e irregolarità si sono risolte con l’assegnazione di lavori o servizi pubblici in favore di numerose ditte che hanno intrattenuto, talvolta per anni, rapporti economici con l’azienda sanitaria, benché siano state oggetto di interdittive prefettizie”.
Le ditte di famiglia
Vengono, inoltre, segnalati i “numerosi affidamenti disposti in favore di alcune ditte inserite nell’elenco dei fornitori dell’ente, tutte di fatto riconducibili allo stesso nucleo familiare, avente stretti rapporti e frequentazioni con ambienti controindicati. La relazione prefettizia, nel precisare che i rapporti
commerciali tra il predetto nucleo familiare e la Asp, consolidati nel tempo, sussistono ininterrottamente dal 2014, pone in rilievo che a favore di una delle menzionate ditte, che ha avuto numerose
assegnazioni – come si rileva tra l’altro dalle delibere emesse tra gli anni 2018/2021 – sono state liquidate diverse fatture, i cui atti riportano la seguente dicitura, ‘(…) per la liquidazione di varie fatture relative a varie richieste di intervento che rivestono carattere d’urgenza e qualsiasi acquisto, anche il più insignificante, diventa improcrastinabile per non creare disagi ed ulteriori sofferenze agli utenti (…)’, ciò a testimonianza, anche in questo caso, della ricorrente prassi dell’affidamento diretto in somma urgenza sulla base di generiche argomentazioni e quindi in carenza dei presupposti richiesti dalla normativa di settore”.
Ulteriore “significativa criticità” riportata nella relazione prefettizia è quella relativa al ‘servizio di refezione’, peraltro già attenzionato durante la precedente procedura di scioglimento dell’ente del dicembre 2010, nella quale emersero utili riferimenti sulle infiltrazioni della criminalità organizzata in tale settore molto remunerativo. Venne infatti accertato, in quell’occasione, che la ditta appaltatrice aveva assunto personale riconducibile a un locale clan mafioso, per cui l’Azienda sanitaria, per porre rimedio a
tale situazione, aveva deciso di inserire due importanti clausole nelle future stipule di contratti per l’affidamento del servizio in questione, tra cui quella concernente il protocollo d’intesa ratificato tra l’azienda sanitaria e la Prefettura di Vibo Valentia con il quale, in particolate, si prevedeva la facoltà dell’Asp di richiedere ‘la sostituzione di persone non gradite che, a suo insindacabile giudizio, risultassero inidonee …’, inottemperanza da cui può derivare anche la risoluzione del contratto.
A questo riguardo, gli esiti ispettivi “non hanno fatto emergere alcun atto posto in essere dall’azienda sanitaria teso ad allontanare qualsivoglia dipendente benché’ risultino tuttora assunti e operativi
alcuni soggetti legati a uno dei locali clan di ‘ndrangheta, come peraltro confermato dagli esiti della predetta operazione di polizia giudiziaria”.
Dirigente ospedaliero compromesso
Le risultanze di altre operazioni di polizia giudiziaria hanno, inoltre, “consentito di provare pericolose ingerenze criminali anche in occasione dei lavori di ristrutturazione di un presidio ospedaliero,
allorquando, dalle risultanze intercettive emerge financo il coinvolgimento di un «dirigente dell’ospedale» che avrebbe fornito il proprio contribuito ad una vicenda estorsiva che vede coinvolte le
consorterie criminali del Vibonese. Il prefetto segnala, poi, la perdurante inapplicabilità della
regola dell’evidenza pubblica nell’attività contrattuale da parte della struttura dirigenziale, facendo riferimento ad acquisti e forniture di beni e servizi posti in essere a mezzo di reiterate ed irrituali proroghe tecniche e rinnovi contrattuali ‘a favore di soggetti economici per i quali sono emersi significativi e specifici pregiudizi penali, nonché evidenti elementi di contiguità con esponenti della criminalità organizzata, come nel caso dell’appalto connesso al servizio di pulizia e sanificazione in tutte le strutture
ove hanno sede gli uffici dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia”.
Assunzioni irregolari
La relazione prefettizia ha posto in evidenza anche una “procedura selettiva posta in essere dall’Azienda sanitaria per l’assunzione di personale medico, rilevando, al riguardo, come le irregolarità segnalate sulla vicenda siano esemplificative della mala gestio amministrativa riscontrata dalle indagini svolte presso gli uffici dell’Asp, oltreché’ della permeabilità dell’ente alle illecite istanze della criminalità organizzata come si rileva anche dagli atti dell’inchiesta Maestrale-Carthago. Le verifiche disposte dalla commissione di indagine con riguardo agli immobili di proprietà o gestiti dall’Asp e ai relativi contratti di locazione hanno rivelato mancati introiti e consistenti liquidazioni di fondi pubblici, in entrambi i casi in favore di soggetti notoriamente vicini al contesto criminale della provincia di Vibo Valentia e hanno messo in risalto molteplici disfunzioni organizzative e responsabilità contabili attribuibili ai dirigenti dell’ente che si sono avvicendati negli anni in quel servizio”.
Infatti, dalle “attività istruttorie delegate dalla magistratura contabile, è emerso un danno erariale per oltre 545.000 euro, derivante dal mancato introito di somme di denaro per l’ente, essendo
stato riscontrato il versamento di canoni di locazione sotto la soglia minima determinata dall’Agenzia delle entrate o, addirittura, la mancata dazione dei canoni stessi”.
Affitti di immobili
Risulta, inoltre, con riferimento, invece, ai fitti passivi, che “l’Asp di Vibo Valentia ha nel tempo sottoscritto contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uffici o laboratori senza attenersi ai valori di mercato con un ulteriore danno erariale quantificato in oltre 506.000 euro. Irregolarità in parte analoghe che attestano in ogni caso l’esistenza di elementi sintomatici comprovanti la capacità di ingerenza della criminalità organizzata sono, altresì, emersi dall’analisi della procedura concernente la concessione dei locali che ospitano il bar posto all’interno di un nosocomio”.
A tal riguardo la relazione della commissione d’indagine pone in rilievo che “l’Azienda sanitaria non si è mai attivata né ha mai avviato procedure legali per il recupero dei canoni dovuti non versati dal gestore del servizio; rileva, al riguardo, che il menzionato conduttore è risultato avere stretti legami familiari con esponenti delle più importanti consorterie mafiose locali. Il contesto generale di mala gestio, aggravato dal disordine organizzativo ed amministrativo in cui si trova ad operare l’Azienda sanitaria e che consente alle consorterie criminali di proliferare ed infiltrarsi, si rileva anche dalle modalità di gestione del servizio
dei distributori automatici di alimenti e bevande negli uffici e negli ospedali dell’ente, attività che per decenni si è caratterizzata per l’assoluta assenza di legalità, con conseguenze sia in termini di esborsi per l’ente, in particolare per i costi dell’energia elettrica, solo parzialmente rimborsati, sia in termini
di mancati introiti, con notevolissimi perdite economiche da parte dell’Azienda sanitaria per le cui responsabilità sono in corso accertamenti presso le competenti autorità giudiziarie calabresi”.
La relazione dell’organo ispettivo “ha, infatti, evidenziato che non è stato versato alcun canone di concessione da parte delle società operanti, peraltro, tutte ditte prive di titolo autorizzativo valido,
derivante dalla predisposizione e conclusione di apposita procedura di gara, molte delle quali risultano essere collegate, per vincoli familiari o per frequentazioni, al contesto criminale della provincia
di Vibo Valentia. Come emerge dalla relazione prefettizia, soltanto di recente, il servizio risulta essere stato oggetto di procedura ad evidenza pubblica, anche se ancora i distributori non sono stati
sgomberati, nonostante una formale diffida in tal senso del commissario straordinario”.
Contratti con la sanità privata
L'”inefficienza gestionale che pervade l’azienda sanitaria” è, altresì, attestata dell’esame delle attività connesse ai contratti stipulati con le strutture private accreditate che tuttora operano in convenzione con il servizio sanitario; viene riferito che dalle risultanze di una recente operazione di polizia è emerso che una struttura privata convenzionata – nei confronti della quale, peraltro, si rilevano ‘… significativi elementi di contiguità con esponenti della criminalità organizzata’ – per ben dieci anni, sebbene autorizzata e accreditata per l’esecuzione di prestazioni in diverse discipline, “avrebbe eseguito indebitamente prestazioni sanitarie chirurgiche di carattere ambulatoriale, in carenza per una
determinata branca sia dell’autorizzazione sanitaria per l’esercizio sia dell’accreditamento con l’ente». Da ciò non può che essere riconfermato – indipendentemente dagli esiti delle citate indagini – il grave deficit gestionale dell’apparato dirigenziale, che per anni ha di fatto ‘autorizzato e permesso l’erogazione indebita di somme di denaro da parte dell’ente, che, quindi, si ritiene, (…) incapace di predisporre un sistema di controlli adeguato al già difficile contesto economico e sociale in cui opera …”.
Controlli inadeguati
Riscontrata, poi, una “diffusa inadeguatezza del sistema dei controlli predisposto dall’Asp anche rispetto alla figura degli agenti contabili, essendo emerso che diversi dei predetti agenti non hanno mai presentato all’Asp i rendiconti annuali connessi alle attività loro demandate dai dirigenti e dai responsabili delle unità operative e degli uffici. Tale circostanza è stata rilevata sia con riferimento all’acquisto di materiali di consumo durante il periodo dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, sia con
riferimento alle somme di denaro riscosse presso gli sportelli di pagamento dei ticket sanitari”.
“Al riguardo, il prefetto, nel rilevare la ‘criticità del quadro riscontrato’, evidenzia che ‘non è stato fornito dall’Asp il dettaglio dei rendiconti di ciascun agente contabile, relativo ai ticket riscossi e ai versamenti effettuati, nonostante l’espressa richiesta da parte della commissione di indagine”.
Ingerenza mafiosa
Gli indizi di ingerenza mafiosa nella gestione amministrativa della struttura sanitaria, “analiticamente e dettagliatamente esaminati nella relazione del prefetto di Vibo Valentia”, portano a “ritenere sussistenti i presupposti previsti dalla legge per l’intervento dello Stato mirato a prevenire ed a contrastare il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nella pubblica amministrazione locale, a ripristinare la legalità ed a recuperare la struttura pubblica ai propri profili istituzionali. I contenuti della relazione della commissione d’indagine sono stati oggetto d’esame nel corso del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vibo Valentia e del procuratore facente funzioni della locale direzione distrettuale antimafia, i quali hanno sottolineato ‘la pervasività dei clan mafiosi nella gestione dell’azienda sanitaria che si infiltra per il tramite dei vertici della struttura amministrativa’ e come ‘le risultanze della relazione della commissione d’accesso non possano che indurre ad uno scioglimento dell’ente”.
Inquinamento dell’amministrazione
La compromissione delle “legittime aspettative della popolazione” a essere garantita nella “fruizione di diritti fondamentali” e la “finalità della misura di rigore, sotto il duplice profilo della repressione del fenomeno inquinante e del recupero dell’ente ad una corretta gestione delle proprie attività, con il miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi offerti, costituiscono i presupposti di cui all’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, applicabile, ai sensi del successivo art. 146, anche
agli organi delle aziende sanitarie provinciali”.
Per tali considerazioni, “si ritiene, pertanto, necessario provvedere ad eliminare ogni motivo ulteriore di deterioramento e di inquinamento della vita amministrativa dell’ente, ancora assoggettato all’influenza di diverse locali di ‘ndrangheta, mediante provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi delle comunità
comprese nell’ambito territoriale di utenza dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all’estensione del fenomeno inquinante, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi”.
Il verdetto
Per tutte queste ragioni “si propone l’adozione della misura di rigore nei confronti dell’Azienda
sanitaria provinciale di Vibo Valentia, con conseguente affidamento della gestione, per la durata di diciotto mesi, ad una commissione straordinaria cui, in virtu’ dei successivi articoli 144 e 145, sono
attribuite specifiche competenze e metodologie di intervento, finalizzate a garantire, nel tempo, la rispondenza dell’azione amministrativa alle esigenze della collettività”.