La comunità di Favelloni reagisce. La chiusura della chiesa del piccolo paese suona come un’offesa. In una lettera pubblica i fedeli scrivono: <Dei preti non bisogna parlar male …diceva un grande sacerdote, e, in caso contrario, occorre tacere. Regola aurea , religiosamente osservata da tutta la comunità di Favelloni, piccolo grande centro del Comune di Cessaniti, che di fronte alla incomprensibile e irrazionale decisione del parroco ad interim Don Berardi di chiudere la Chiesa Parrocchiale dedicata a San Filippo d’Agira, ha arrendevolmente subito pur non condividendone la decisione, che resta infelice ed irricevibile, misteriosamente oscura, inopportuna, e, quanto mai discutibile, sia nella forma che nella sostanza.
Sappiamo che il principio verticistico nella Chiesa impone l’obbedienza , ma questo principio non può e non deve mai tradursi in libero arbitrio, né può mai mettere in discussione il principio cardine del Cristianesimo: accogliere ed includere , sapere farsi carico del dolore altrui e trasformarlo in speranza. Per questo, sorprende e dispiace , che non ci sia pecorella smarrita che tenga di fronte alla lucida e fredda decisione di sbarrare la porta della Chiesa.
Sappiamo che il principio verticistico nella Chiesa impone l’obbedienza , ma questo principio non può e non deve mai tradursi in libero arbitrio, né può mai mettere in discussione il principio cardine del Cristianesimo: accogliere ed includere , sapere farsi carico del dolore altrui e trasformarlo in speranza. Per questo, sorprende e dispiace , che non ci sia pecorella smarrita che tenga di fronte alla lucida e fredda decisione di sbarrare la porta della Chiesa.
Il messaggio cristiano non sarà compiuto fino a quando ad ogni singola persona non sarà offerta la possibilità di sentirsi addosso lo sguardo generativo e protettivo di Dio mentre dichiara che quello che vede “E’ cosa buona e giusta”. Chiudere la Chiesa di Favelloni, renderla inaccessibile e impedire a chiunque di coltivare la possibilità di entrare in comunione con il proprio credo è cosa buona e giusta?
Questa è la domanda. Questo è quanto ogni singolo credente privato delle proprie certezze, e ritirato nelle retrovie della rassegnazione si chiede. Qual è il senso? E perché?
Come altro la possiamo definire una simile decisione presa più o meno arbitrariamente , espressione solo di una volontà punitiva e di nessun altro precetto che sia degno di essere osservato. Spolveriamoci il cuore e non pensiamoci più? No, non è quanto pensa la comunità di Favelloni che non può accettare che quella porta imponente e monumentale, che domina potentemente il paese, e vigila sulle coscienze di ognuno dei suoi abitanti sia sbarrata, inaccessibile, respingente.
Il livello di disumanità di questa decisione presa quasi per additare persone da scartare , che non meritano niente ,travalica la possibilità di essere declinato a parole. Un rifiuto istintivo, pre-razionale frutto quasi di un capriccio, una regola inventata all’ultima ora, il farsi onnipotente e decidere di fare sorgere o tramontare il sole sulla vita degli altri, non può in questo caso, essere considerata un’ esperienza formativa, semplicemente, o forse più banalmente, perché non lo è!
Deve per forza, per necessità, per obbligo indurre una reazione. Come sia stato possibile cancellare con un colpo di spugna un passato glorioso, e accontentarsi di un presente incerto, imbelle e quanto mai evanescente. Dov’ è finito l’orgoglio di questa comunità guida incontrastata ed indiscussa di tutte le altre realtà limitrofe, che subisce passivamente la decisione sconsiderata e scomposta di estromettere i fedeli, gli emigrati dalla partecipazione, dal bisogno, dalla necessità di entrare in Chiesa per sentirsi in comunione con Dio, anche più semplicemente per il bisogno di pregare e basta.
Come si fa a tenere insieme la fede cattolica, il messaggio evangelico, con le ingiuste ed strampalate decisioni dei suoi ministri, che, sembrano mostrare solo indifferenza di fronte al dolore di una comunità sana, pulita, partecipata che sta consumando la vita aspettando l’avvento di una guida spirituale, ed intellettualmente capace di saper interpretare il senso più profondo dell’esperienza umana attraverso l’esempio e la cultura, ovvero quella forza che scopre le esigenze di un mutamento e ne dà coscienza al mondo.
Questo, è esattamente quello che serve, quello di cui si avverte il bisogno, ciò per cui si vive, si combatte , si resiste. E allora, ognuno con la propria pena chiusa nel petto, sia pronto a fare la sua parte. Non si può restituire silenzio a silenzio, in certi momenti bisogna esserci e far sentire il proprio pensiero e la propria visione direttamente a chi ha la responsabilità di comprendere, e di porre fine a questo vuoto , a questo desolante deserto spirituale che è stato immotivatamente imposto.
Che sia il Vescovo, monsignor Nostro a mostrare sensibilità, a restituire la dignità perduta, ad un nucleo vitale che non ha cessato di esistere, ma che sopravvive più vivo che mai, ed è qui fermo, pronto a rivendicare la propria storia e il proprio posto nel mondo. Una fetta di umanità che non può essere mortificata o umiliata da nessuno. Non più. Non oltre>. (Foto web)