E’ una vicenda che ha le sue origini nella notte dei tempi, quella dell’abusivismo del quartiere Pennello di Vibo Marina. I primi fabbricati sorsero, infatti, nel dopoguerra, quando nella zona costiera si stanziarono i primi insediamenti industriali. Da allora si discute su cosa fare del popoloso quartiere. Il primo a interessarsi della questione fu il compianto senatore Antonino Murmura, il quale, con la legge che porta il suo nome, nel 1973 tenta la sdemanializzazione del terreno. Ma per l’acquisto dell’area da parte del Comune bisognerà aspettare fino al 2012, quando l’ex sindaco Nicola D’Agostino riapre una vicenda dalle mille contraddizioni. Anche perché su quei 150.550 metri quadrati di terreno sorgono immobili abusivi realizzati in diversi periodi e con diverse connotazioni. Ci sono, infatti, edifici che molto probabilmente potranno essere condonati in base alla legge 47/85, ma ce ne sono altri che in parte ricadono su terreno comunale e in parte demaniale.
Poi altri ancora che sono stati sopraelevati per diversi piani, in barba alla normativa urbanistica sia attuale che dell’epoca. Ma la maggior parte sono passati da un proprietario all’altro per cui è abbastanza complicato regolarizzarli. Dal 2012 ad oggi la matassa si è ulteriormente ingarbugliata. Se, infatti, da una parte si sta cercando di perfezionare l’iter di circa 30 famiglie che hanno presentato l’istanza di condono edilizio, dall’altra non è ancora stata presa una posizione sui fabbricati in totale difformità con le leggi urbanistiche.
Poi altri ancora che sono stati sopraelevati per diversi piani, in barba alla normativa urbanistica sia attuale che dell’epoca. Ma la maggior parte sono passati da un proprietario all’altro per cui è abbastanza complicato regolarizzarli. Dal 2012 ad oggi la matassa si è ulteriormente ingarbugliata. Se, infatti, da una parte si sta cercando di perfezionare l’iter di circa 30 famiglie che hanno presentato l’istanza di condono edilizio, dall’altra non è ancora stata presa una posizione sui fabbricati in totale difformità con le leggi urbanistiche.
Bisognerà arrivare alla giunta Costa per vedere approvata – in seguito, alle sollecitazioni del comitato Pennello, presieduto da Aldo Massara – la determina (n.975 del 4 ottobre 2018) che dà avvio al bando per il piano di recupero. Ovviamente, il piano presuppone la preventiva messa in sicurezza idrogeologica della fascia costiera che, dopo la tragica alluvione del 2006, fu dichiarata zona ad alto rischio (R4). Ci sono dunque, al di là del principio della massima conservazione degli immobili, passaggi obbligati che vanno rispettati anche dalla nuova amministrazione comunale, guidata dalla sindaca Maria Limardo.
Il bando prevede, infatti, una specie di censimento finalizzato ad avere un quadro chiaro delle abitazioni sorte sul compendio in sessant’anni. Poi ci sarà da decidere quali e quante case potranno essere sanate, in un’area in cui si intersecano i pareri di diversi enti tra cui l’Abr (autorità di bacino). E qui la vicenda si complica a causa degli aspetti molto delicati che presenta e che si intrecciano con le rivendicazioni di chi l’abitazione non la vuole perdere.
Va per altro tenuto in considerazione che devono essere generati spazi pubblici collettivi e aree adibite a verde in un rione in cui la cementificazione è stata abnorme, creando anche un nuovo rapporto tra il quartiere, il mare e l’area deindustrializzata. Bisognerà, pertanto, anche decidere quale sarà la visione d’insieme di Vibo Marina: turistica o industriale? In un territorio in cui la maggior parte delle aziende hanno ormai chiuso i battenti e dove a parere di molte associazioni locali, è sul turismo che bisogna puntare in una cittadina dotata di un’infrastruttura portuale dalle numerose potenzialità.