In Calabria comparsa una nuova specie esotica di funghi, è tossica

La specie fungina di origine tropicale particolarmente invasiva, totalmente assente fino a qualche anno fa in Calabria, si sta diffondendo nelle aree del litorale Ionico e Tirrenico

Un nuovo fungo esotico, tossico, è apparso anche sui monti calabresi, in questi tempi caratterizzati dalla crisi climatica responsabile di una serie di alterazioni ambientali. È il Chlorophyllum molybdites di origine tropicale. A darne notizia è il micologo Ernesto Marra responsabile dell’Ispettorato Micologico, Sian, Asp di Cosenza.

“Il riscaldamento dell’atmosfera – afferma Marra – sta determinando il progressivo avanzamento verso Nord del clima tropicale e ciò fa si che specie viventi originarie di tale fascia climatica, animali, insetti, piante, pesci e anche funghi, trovino condizioni favorevoli alla crescita nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo le cui mutate condizioni di temperatura ed umidità ne consentono la presenza, lo sviluppo e la diffusione”.

“Il riscaldamento dell’atmosfera – afferma Marra – sta determinando il progressivo avanzamento verso Nord del clima tropicale e ciò fa si che specie viventi originarie di tale fascia climatica, animali, insetti, piante, pesci e anche funghi, trovino condizioni favorevoli alla crescita nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo le cui mutate condizioni di temperatura ed umidità ne consentono la presenza, lo sviluppo e la diffusione”.

La specie fungina di origine tropicale particolarmente invasiva, totalmente assente fino a qualche anno fa in Calabria, si sta diffondendo nelle aree del litorale Ionico e Tirrenico (Gizzeria, Lamezia Terme, Vibo, Reggio, Polistena, Roccella Ionica, Sellia Marina, Catanzaro, Belvedere Marittimo) e il cui ritrovamento, da parte di cercatori di funghi, proprio negli ultimi giorni, si sta intensificando”.

Il fungo spuntato qualche anno fa per la prima volta in Italia nel messinese e segnalato anche in Calabria in una recente pubblicazione di settore, dallo stesso Marra e da Dario Macchioni del Dipartimento Salute e Welfare regionale, risulta pericoloso per il fatto che, all’apparenza, ricorda molto un’altra specie ricercata e largamente consumata, Macrolepiota procera, comunemente conosciuta come “mazza di tamburo” con la quale condivide aspetto e habitat di crescita. La specie, con ogni probabilità, continuerà a diffondersi ed è per questo motivo che è necessario, anche in altre regioni, mantenere alta la guardia, suggeriscono gli esperti. I caratteri utili a differenziare le due specie possono facilmente sfuggire ai neofiti ed è questo un ulteriore motivo per raccomandare, sempre, prima di consumare qualsiasi specie fungina spontanea di sottoporre il raccolto a controllo di commestibilità agli Ispettorati micologici delle Aziende sanitarie provinciali. (Ansa)

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