Inquinamento e depurazione: arresti, sequestri e frode nelle pubbliche forniture

Tra le persone finite sotto inchiesta anche funzionari comunali ai quali viene contestato di non avere vigilato sulla regolarità delle procedure. Le indagini della Dda avviare tre anni fa

E’ il problema di sempre, il cancro che non si riesce ad estirpare e divora il turismo giorno dopo giorno, estate dopo estate. Questa volta gli investigatori hanno affondato il bisturi su tre province, (Catanzaro, Cosenza e Vibo). In primo piano la gestione illecita dei depuratori comunali. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha portato i carabinieri del Nucleo operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro, supportati in fase esecutiva da militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, nonché dall’8° Nucleo Elicotteri Carabinieri Vibo Valentia, all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale, emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, nei confronti di 18 persone (4 in custodia cautelare in carcere, 13 ai domiciliari ed 1 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.

Tra i reati contestati anche un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli.

Tra i reati contestati anche un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli.

Funzionari comunali indagati

Tra le persone sotto inchiesta anche  4 funzionari di enti locali, nei confronti dei quali sono state emesse informazioni di garanzia. Si tratta di Tommaso Agretto di Maida, Andrea Cannistrà di Catanzaro, Ion Ciobanu di Settingiano, Giuseppe La Grotteria di Catanzaro, Rosario Sessa di San Lucido, Paola Di Stio di Belvedere Marittimo, Pasquale Calabrese di Belvedere Marittimo, Raffaele Rosignuolo, responsabile del settore tecnico del Comune di Belvedere Marittimo, Rosario Talarico, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di San Pietro Apostolo. Il provvedimento prevede, inoltre, il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di 6 società con sede nella provincia di Catanzaro da affidare ad amministratori giudiziari nominati dall’A.G. Il valore complessivo delle aziende ammonta ad oltre 10 milioni di euro. La Direzione Distrettuale Antimafia ha altresì ipotizzato la responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/2001.

L’origine dell’inchiesta

L’inchiesta ha avuto inizio nel 2021 ed è durata circa due anni. ll tempo di permettere agli investigatori di ricostruire una serie di condotte illecite. Al centro dell’indagine una società che – secondo quanto riferito in conferenza stampa dal procuratore facente funzioni di Catanzaro Vincenzo Capomolla “gestiva i depuratori in tutte le province calabresi e si era accaparrata il servizio al massimo ribasso, con risparmi enormi in danno però all’ambiente, attraverso sversamenti illeciti e la mancata manutenzione e condotta fraudolenta nella gestione dell’appalto”. Nel mirino sono finite quindi 34 depuratori. <In un caso – ha dichiarato Capomolla – c’è stato il ribasso del 54% rispetto all’importo della gara e questo ha costretto a risparmiare sui costi e quindi sul controllo e la manutenzione, con il conseguente sversamento, anche in mare e illecito, dei fanghi che invece di esse conferiti negli ambienti ad hoc, attraverso la falsificazione dei documenti venivano smaltiti illecitamente>. Maladepurazione e gestione illecita degli impianti viaggiavano – secondo la procura – su un binario parallelo anche attraverso quello che Capomolla ha definito <difetto di vigilanza della pubblica amministrazione>.

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