La bomba di Pomezia e il vento sporco dell’eolico: la pista calabrese dietro l’attentato a Sigfrido Ranucci

Dalla casa del giornalista di Report alle colline del Nord-Est: un filo nero lega l’esplosione a un business milionario nel settore dell’energia pulita, dove la ‘ndrangheta avrebbe messo radici profonde

C’è un vento che non profuma di energia pulita ma di denaro, paura e potere. Un vento che, secondo quanto rivelato da Paolo Orofino su Il Quotidiano del Sud, soffia dalla Calabria fino al Nord-Est, gonfiando le pale eoliche di affari sporchi e silenzi imposti con la violenza. È da qui che parte una delle piste più inquietanti sul vile attentato contro Sigfrido Ranucci, giornalista e volto di Report, colpito da un’esplosione sotto casa, a Pomezia, pochi giorni fa.

Una pista che porta in Calabria

Una pista che porta in Calabria

Un ordigno piazzato accanto all’auto del conduttore, distrutta insieme a quella della figlia. Un messaggio mafioso, nel più classico dei linguaggi criminali: “stai zitto”. Ma chi teme le parole di Ranucci? Le indagini, condotte dalla Procura di Roma e coordinate dal procuratore capo Francesco Lo Voi e dal sostituto Carlo Villani della Dda, hanno intercettato una pista che riporta a Sud. Un filo diretto con la Calabria, confermato – scrive Orofino – da una interlocuzione tra la Procura capitolina e il Servizio centrale di protezione dei collaboratori di giustizia. Un dettaglio che apre scenari sinistri: proprio nelle ore precedenti all’attentato, un collaboratore di giustizia, che aveva reso dichiarazioni scottanti sugli investimenti mafiosi nel settore eolico del Nord-Est, è stato trasferito d’urgenza in una nuova località protetta.

Il mondo dei parchi eolici

E la stessa mattina, Ranucci aveva ricordato pubblicamente il tema del suo prossimo servizio: “Parleremo di quello che accade nel mondo dell’eolico”. Poi, la notte, la bomba. Coincidenze? Forse. O forse no. Lo stesso giornalista, ascoltato dai magistrati, ha ipotizzato che l’esplosione possa essere direttamente collegata alle inchieste di Report, e in particolare a quella sull’eolico, un settore dove la criminalità organizzata ha imparato da tempo a infilarsi con maestria: soldi pubblici, appalti, subappalti, consorzi. Energia pulita, affari sporchi.

Le inchieste di Villani

Il sostituto procuratore Carlo Villani non è nuovo a queste dinamiche: da Catanzaro, nel 2010, aveva già diretto un’inchiesta su un parco eolico a Isola Capo Rizzuto, scoprendo le infiltrazioni della ‘ndrangheta nei flussi finanziari “verdi”. Ora, quindici anni dopo, il cerchio sembra richiudersi. Cambia la geografia, non i protagonisti. Dalla Calabria al Veneto, il vento è lo stesso: spira dove ci sono soldi, potere e omertà.

Una voce scomoda a molti

Questa volta, però, il messaggio non è rimasto sussurrato. È esploso nella notte, a Pomezia, davanti alla casa di un giornalista che da vent’anni racconta ciò che molti preferiscono ignorare. Chi ha piazzato quell’esplosivo non voleva solo distruggere un’auto. Voleva spegnere una voce. Ma in Italia – quella vera, quella che ancora crede nel giornalismo e nella libertà – ogni volta che qualcuno prova a zittire una voce come quella di Sigfrido Ranucci, ne nascono cento altre. Perché il vento può cambiare direzione, ma la verità, quando comincia a soffiare, non la fermi più.

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