La Calabria perde i suoi giovani: 144mila in fuga in 14 anni, rischio di declino irreversibile

Tra il 2011 e il 2024, circa 144mila calabresi hanno lasciato la regione per l’Italia e l’estero, con una perdita di capitale umano stimata in 30,5 miliardi di euro, pari al 7,6% del Pil

La Calabria continua a essere una terra che vede partire, più che arrivare. È la fotografia che emerge dal rapporto del Cnel, che tra il 2011 e il 2024 quantifica in circa 81mila i giovani under 35 emigrati all’estero e in altri 63mila quelli trasferitisi nelle altre regioni italiane. Un’emorragia costante, che il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro interpreta come il sintomo più evidente della crisi demografica e occupazionale che attraversa l’intero territorio.

Una regione che perde forze e competenze

Una regione che perde forze e competenze

Secondo il Cnel, la Calabria continua a offrire prospettive lavorative e qualità della vita insufficienti, spingendo molti giovani a costruire altrove la propria carriera. Il rapporto sottolinea come la regione non riesca a trattenere né a valorizzare i propri talenti, con effetti diretti su produttività, servizi e competitività. Il risultato è una perdita di capitale umano stimata in 30,5 miliardi di euro nel periodo analizzato, pari al 7,6% del Pil regionale. Un dato che descrive, da solo, quanto il depauperamento giovanile incida sulla capacità di crescita della Calabria.

Numeri che raccontano un declino

I dati confermano che la regione rimane una delle aree italiane più esposte allo spopolamento. Il quadro tracciato dal Cnel segnala che il 44,35% dei giovani emigrati è composto da donne, spesso costrette a lasciare la Calabria per trovare condizioni occupazionali più stabili o semplicemente migliori. Il confronto con altre aree del Paese è impietoso: la Calabria risulta meno attrattiva rispetto a regioni che, come Lombardia e Toscana, mostrano una performance sensibilmente più forte in termini di servizi, qualità del lavoro e reddito disponibile.

Il divario con il resto del Paese

Secondo il Cnel, la regione continua a occupare una delle ultime posizioni nazionali in termini di benessere sociale, infrastrutture e mercato del lavoro. Il Mezzogiorno nel suo complesso arretra, ma la Calabria affronta un disagio più marcato, caratterizzato da settori produttivi fragili e da una lenta capacità di innovazione. Il fenomeno migratorio non riguarda più soltanto la mancanza di posti di lavoro: si intreccia infatti con la difficoltà a costruire un futuro stabile in un contesto che non riesce a garantire condizioni competitive rispetto al resto d’Italia.

Una sfida che la regione non può più rimandare

A giudizio del Cnel, la Calabria non è ancora riuscita ad avviare quelle politiche strutturali necessarie a trattenere i giovani e a creare un ecosistema capace di attrarre nuovi talenti. La situazione, definita “non semplice”, rischia di tradursi in una perdita permanente di energie fondamentali per la crescita. Se le tendenze attuali dovessero confermarsi, la fuga di capitale umano comprometterebbe ulteriormente la possibilità di recuperare terreno rispetto alle altre regioni italiane. La Calabria – conclude il rapporto – resta “in una posizione di crescente vulnerabilità”, aggravata da un sistema produttivo che fatica a rinnovarsi e a rispondere ai bisogni di una popolazione giovane che continua a cercare altrove ciò che non riesce a trovare nella propria terra.

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