La corona d’oro e i sei milioni di lire: il giallo dell’Arciconfraternita di San Sebastiano

Un’orafo racconta la sua verità: ho donato quell’opera per devozione, ma nei registri risulta una spesa fantasma. Venticinque anni dopo, un caso che riapre vecchie ferite nella comunità

C’è un mistero che torna a turbare la quiete di una delle confraternite più antiche e rispettate di Pizzo. Un mistero che profuma d’incenso e d’oro, e che oggi, a distanza di venticinque anni, rischia di riscrivere una pagina di storia locale. A riportarlo alla luce, attraverso il suo profilo Facebook, è Antonio Malferà, noto orafo del Vibonese, un artigiano che da decenni mette la sua maestria al servizio della fede.

Corona d’oro per la Vergine

Corona d’oro per la Vergine

In un lungo e accorato racconto, Malferà ha svelato un retroscena che definire “sorprendente” è forse un eufemismo. “Ricorreva l’anno 2000 – spiega – quando i vertici dell’Arciconfraternita di San Sebastiano mi chiesero di realizzare una corona d’oro per la Vergine. L’oro sarebbe stato raccolto grazie alla generosità dei fedeli. Io accettai, ma decisi di donare il mio lavoro gratuitamente, per devozione. Non ho mai voluto un solo centesimo.”

Lavoro, passione e fede

Cinque mesi di lavoro, passione e fede trasformati in un gioiello sacro: la corona della Santissima Vergine. Un’opera, dice l’orafo, nata dall’amore e non dal denaro. Poi, la scoperta “casuale” – così la definisce lui stesso – arrivata solo pochi mesi fa, nell’agosto del 2025: “Ho appreso che nei registri dell’Arciconfraternita risulta una spesa di sei milioni di lire per la manifattura e l’acquisto di pietre preziose. Tutto falso. Quell’opera è stata una mia donazione.”

A bilancio, una spesa fantasma

Se fosse confermato, si tratterebbe di un episodio grave: una “spesa fantasma” inserita nei bilanci di un ente religioso, a carico della generosità dei fedeli che avevano contribuito a raccogliere l’oro. Un’ombra lunga, che oggi riemerge dal passato con la forza di un giallo ecclesiastico. Malferà, che nel corso degli anni ha realizzato e donato altre opere per diverse chiese — dall’ostensorio a forma di ulivo per il Duomo di Maierato al restauro dei decori trafugati nella chiesa di San Francesco di Paola a Pizzo — si dice “profondamente indignato”.
“Non lo faccio per rancore — precisa — ma per rispetto della verità e dei fedeli. È giusto che si sappia”.

L’Arciconfraternita per ora tace

Al momento, va detto, non ci sono riscontri ufficiali né reazioni da parte dell’Arciconfraternita di San Sebastiano. Il racconto resta dunque la versione di una sola voce, ma una voce che suona forte e decisa, tanto da riaccendere i riflettori su una vicenda che sembrava sepolta nel tempo. Un mistero da oratorio, fatto di oro, fede e contabilità. E forse, anche di qualche peccato terreno.

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